Da community web a comunità reali nel segno della “sharing economy”
Si chiama social street, è l’ultima tendenza del fare comunità, dall’on-line all’off-line, ed è nata nel settembre del 2013 dalla pagina Facebook del gruppo “Residenti in Via Fondazza, Bologna“.
Il gruppo, formato dagli abitanti di questa strada del centro storico della città del Nettuno, ha infatti deciso di trasformare l’esperienza virtuale in una realtà virtuosa, in cui i vicini di casa socializzano e creano legami anche fuori del web.
I membri del gruppo hanno iniziato a condividere necessità e risorse, a scambiarsi competenze e conoscenze e a portare avanti, insieme, progetti collettivi d’interesse comune. E così, se devi riparare un rubinetto, o tuo figlio ha bisogno di ripetizioni d’inglese, oppure si decide di recuperare uno spazio alla collettività, basta un post sul gruppo per ricevere un aiuto per risolvere un problema o per raccogliere adesioni che si trasformano in azioni concrete.
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Un Fenomeno in crescita in Italia e nel mondo
L’immediato successo dell’esperienza bolognese ha presto avuto emuli ed ha rapidamente dilagato in tutta la penisola, isole incluse, fino ad arrivare a quasi centocinquanta tra strade, interi quartieri e, addirittura, comuni all’insegna del social.
Un vero movimento di massa che si è dato come riferimento il sito Social Street Italia, dove si trovano le linee guida per la creazione di una social street anche in inglese, spagnolo e portoghese e che ha ormai fatto breccia in metropoli come Milano e Roma, dove strade e quartieri social si moltiplicano.
Le regole di vicinato virtuale sono semplici: si parte dal creare un gruppo chiuso su Facebook con il nome della via, del quartiere, o del paese che si vuole trasformare in social, poi si deve pubblicizzare e gestire il gruppo per poi organizzare incontri reali con i contatti raccolti per conoscersi e cominciare a portare avanti insieme le iniziative.
Ma davvero il web 2.0 ci allontana dalle relazioni umane e serve solo per i flash mob? C’è bisogno di sociale.