Monitorare i propri parametri vitali
Da circa due anni stiamo assistendo sui nostri smartphone e tablet all’invasione sul mercato di strumenti per il cosiddetto self tracking, ovvero per il monitoraggio degli indicatori biometrici. La miniaturizzazione dei microprocessori mobili, lo sviluppo della sensoristica e la ricerca sui materiali ha prodotto l’ingresso sul mercato di braccialetti, sensori, caschetti, cerotti che si connettono a un normale smartphone o tablet e attraverso appositi algoritmi sono in grado di calcolare e simulare l’andamento di uno o più parametri vitali.
Quantified self, self tracking, life tracking, body hacking… dietro questi neologismi c’è il tentativo di descrivere un movimento che si sta diffondendo sempre più. In mezzo ci sono tante cose a seconda dei gruppi e delle persone che lo fanno, si ritrovano diversi aspetti tecnologici, sociali, di miglioramento personale e chissà che altro che non abbiamo ancora visto.
Una maniera per conoscersi meglio o un eccesso di autocontrollo?
In generale nel self tracking c’è la passione di utilizzare devices tecnologiche che permettano di monitorare gli aspetti della propria vita. C’è anche la voglia di farlo per migliorarsi e per conoscersi meglio. Ma c’è anche una dimensione social, di condivisione dei propri risultati in relazione a quanto fanno gli altri, attuando una vera e propria competizione social.
Perché si diventa self-tracker? In molti casi, la registrazione dei propri atti è motivata dal desiderio di modificare le proprie abitudini, riducendole o incrementandole a seconda delle esigenze. C’è chi tenta di limitare il consumo di caffeina. Chi incrementare la lettura. Chi semplicemente conteggia le proprie calorie mentre passeggia col cane per capire se per il mantenimento della propria linea la sera potrà permettersi o meno una pizza.
Gli esperti sostengono che l’autodiagnosi consentirà di esprimere in tempo reale quantitativi di informazione sulla nostra salute. Oggi sul mercato a prezzi abbordabili si trovano misuratori in tempo reali di temperatura corporea, pressione arteriosa, battito cardiaco e onde celebrali. Nell’ultimo anno gli investimenti in nuove imprese del digital health sono raddoppiati superando solo negli Usa gli 1,9 miliardi di dollari.
Quest’anno al Consumer electronic show di Las Vegas è stato presentato un apparecchio simile a una cornetta del telefono degli anni Ottanta per la diagnosi delle aritmie: si appoggia al petto nudo e reinvia allo smartphone un tracciato elettrocardiografico.
Un futuro da cyborg…
Le conseguenze della mania di quantificare il nostro stato di salute e monitorare continuamente le nostre azioni, hanno convinto anche i big e così colossi come Philips e Panasonic che da tempo hanno virato su nuovi mercati come quello dell’energia e del biomedicale. Intel alcuni mesi fa ha presentato Edison il più piccolo microPc del mondo. Il microsistema rileva e invia a un’app sullo smartphone molti parametri, quali temperatura della stanza e del bambino, respiro, sonno, veglia e posizione.
In un prossimo futuro diventeremo tutti cyborg, con un corpo potenziato da aggeggi che registrano ogni nostro movimento?