In crescita i cittadini che chiedono di essere rimossi dai motori di ricerca
Si chiama diritto all’oblio digitale, ed è una di quegli aspetti del tutto nuovo dell’era telematica. Il 13 maggio 2014 un cittadino spagnolo Mario Costeja Gonzaléz, si è visto riconoscere dalla Corte di Giustizia UE il diritto all’oblio, con la rimozione dei link che Google fa apparire collegati al suo nome. Link ad annunci comparsi su La Vanguardia nel 1998 sulla vendita all’asta, dopo pignoramento, della casa del signor Costeja Gonzaléz. Per l’autore della denuncia, il motore di ricerca google violava la sua privacy e forniva dati rilevanti non più rilevanti a numerosi anni di distanza. La sentenza è stata solo la punta dell’iceberg: fino ad oggi google ha ricevuto 120.000 richieste di rimozione (dall’Italia 6.000 solo fino a luglio) per 457.000 pagine di risultati di ricerca. Ora Google è alla ricerca di individuare ed è impegnata in 7 incontri pubblici, necessari a stilare delle linee guida.
Incontro a Roma sul diritto all’oblio
Uno di questi incontri è avvenuto a Roma dove il “Comitato consultivo per il diritto all’oblio” si è confrontato sull’opportunità di rimuovere le pagine di ricerca dai webmaster. Nell’epoca della sharing economy e della condivisione parossistica e spesso puramente umorale e quindi istintuale degli stati d’animo, le tracce dei commenti che si lasciano nel web assumono rilevanza pubblica. Si assiste ad una rilevante inversione di tendenza. Se i Governi fino a pochi anni fa si sono attrezzati pensando di dover difendere la privacy dei cittadini dalle imprese e dallo Stato, oggi sono i cittadini a mettere online qualsiasi cosa. E quindi, in un certo qual modo, a necessitare di misure per difendersi da sé stessi e dalle azioni che essi stessi generano. Nell’incontro di Roma si è parlato anche del ruolo giocato dai social network. Lo ha fatto la scrittrice Lorella Zanardo: «Le immagini sono il contenuto più cercato sul web, che arrivano a un pubblico più ampio e meno attento di quello scritto, Instagram è ormai il modo di raccontarsi tipico dei giovani. Il diritto all’oblio è utile per loro, che nel caso di pentimento, possono vivere la vergogna e la redenzione».
Internet ha una memoria di ferro…
Il problema è che Internet non dimentica quasi mai nulla. Google e tutti gli altri motori di ricerca sono efficientissimi nel setacciare il web. Anche quando i siti sono messi offline, c’è sempre una versione in cache e i dati possono essere recuperati. Questa è una cosa positiva per rendere il web uno strumento super efficiente, ma è anche negativo se non vuoi essere trovato. La Ue sta cercando da tempo per una nuova normativa sulla data protection – di cui il diritto all’oblio è un punto chiave – dopo le linee guida diffuse nel gennaio del 2012. Secondo Bruxelles, i dati vecchi, non aggiornati e persino quelli irrilevanti devono essere rimossi dai risultati dei motori di ricerca, su richiesta del diretto interessato. Se la proposta Ue sulla data protection passerà, le aziende rischiano multe fino all’1% del fatturato in caso di mancato rispetto della privacy.