Esperimenti condotti presso l’Università di Stanford (California, USA) hanno portato ad una scoperta che può risultare di grande importanza per la cura dei tumori: una proteina creata in laboratorio, somministrata a un campione di topi, si è rivelata molto efficace nella riduzione delle metastasi tumorali, che a tutt’oggi provocano un gran numero di decessi. Più precisamente, le metastasi di un campione di topi ammalati di tumori mammari e ovarici si sono ridotte mediamente dell’ 84% rispetto a quelle di un altro campione di topi che non aveva subito alcun trattamento. Tale proteina non è stata scoperta per caso, ma tramite un procedimento di ingegneria genetica, con milioni di sequenze di DNA che sono state create ed analizzate con strumenti informatici allo scopo di trovare la proteina giusta.
Come si diffonde il cancro
La metastasi è quel processo tramite il quale un cancro si diffonde dall’organo di origine ad altri organi. La diffusione delle cellule malate avviene attraverso le vie linfatiche oppure sanguigne e spesso risulta fatale. A tutt’oggi la cura più impiegata per le metastasi tumorali è rappresentata dalla chemioterapia, che tuttavia spesso provoca rilevanti effetti collaterali, come stanchezza, nausea, anemia, perdita di capelli e altro. Il team di ricercatori dell’ Università di Stanford, invece, ha scoperto un trattamento che, almeno sui topi utilizzati per gli esperimenti, non ha prodotto effetti collaterali. Tale trattamento è diretto a bloccare la trasmissione per via sanguigna delle metastasi, che avviene per effetto dei legami che si creano tra le proteine Axl, presenti sulla superficie delle cellule tumorali, e le proteine Gas6. Ogni volta che queste due proteineinteragiscono, vengono generati dei segnali che permettono alle cellule tumorali di lasciare l’organo originale e di migrare verso altre parti del corpo, dando origine alle metastasi.
La cura scoperta a Stanford
Oggigiorno, però, tramite tecniche di manipolazione genetica, è possibile produrre proteine molto simili a quelle presenti nel nostro organismo, con piccole differenze che hanno l’effetto di disattivare determinati meccanismi patogeni. Il team di ricercatori di Stanford, guidato da Jennifer Cochran e da Amato Giaccia, ha creato milioni di sequenze di DNA molto simili fra loro, ciascuna delle quali dà origine ad una proteina molto simile alla proteina Axl menzionata in precedenza. Tutte queste varianti della proteina Axl sono state esaminate al computer con metodi di screening molto veloci, che hanno permesso di trovare la variante che si legava meglio alla proteina Gas6. Tale nuova proteina è stata poi somministrata per via introvenosa ai topi ammalati di tumore: nelle cellule di questi topi, le proteine Axl nuove si sono legate con molta facilità alle proteine Gas6, precludendo molto spesso la stessa possibilità alle proteine Axl originarie. La differenza fondamentale è che, mentre il legame originario tra Axl e Gas6 favorisce la diffusione del cancro, il legame nuovo non ha questo effetto, e il cancro rimane confinato nel sito originario, dove è in molti casi curabile.
Dai topi agli uomini: la strada è lunga
Prima, però, che questo trattamento possa arrivare a far guarire esseri umani dal cancro, dovrà ancora passare un po’ di tempo; esso non è stato ancora sperimentato su alcun umano e le leggi americane ed internazionali impongono che, prima di mettere in commercio un farmaco, vadano fatte delle sperimentazioni molto accurate. Di queste per il momento si incaricherà la Ruga Corporation, una start–up di biotecnologia di cui Cochran e Giaccia sono consulenti. Greg Lemke, un neurobiologo anche lui californiano e grande esperto di proteine Axl e Gas6, dice che i risultati ottenuti sono “un eccellente esempio di quello che può fare la bioingegneria. Un aspetto notevole di questo lavoro è la capacità della proteina elaborata di legarsi. Essa si lega alla proteina Gas6 in modo cento volte più efficace dell’originaria proteina Axl”.
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