Otto poeti sordi aprono il loro mondo più intimo e lo comunicano per la prima volta in foto e video
Dalla cooperazione tra artisti sordi e udenti nasce un progetto di ricerca legato alla poesia nella Lingua dei Segni (LIS) che vuole creare un ponte culturale tra due mondi linguistici diversi. Per i poeti segnare una poesia su un set è stata una grande opportunità: hanno potuto ritagliarsi uno spazio dove esprimersi e raccontare frammenti di sé. Per gli udenti che hanno partecipato al progetto è stata la scoperta di un altro modo di vivere e sentire la poesia. Il segnato dei poeti si muove infatti nello spazio come una danza. Un mondo sussurrato e urlato trapela attraverso l’uso delle mani e la mimica facciale degli artisti. Il progetto Poesia in movimento è stato realizzato dall’Associazione Il Laboratorio grazie ai finanziamenti dall’Otto per Mille della Chiesa Evangelica Valdese. Hanno collaborato alla sua realizzazione Molo7 Photo Agency e CineTeatro Laboratorio Zero che ha come ha come obiettivo l’attività teatrale, la diffusione e la promozione della cultura sorda. La mostra, composta da 32 fotografie e 16 video,sarà inaugurata venerdì 17 ottobre alle 17,30 e resterà aperta al pubblico fino al 30 ottobre 2014 (orari: 10-13:00 | 14:30-18:00) presso Millepiani Coworking per poi trasferirsi dal 31 ottobre al 7 novembre presso la sala consiliare del Municipio VIII di Roma.
Come si è sviluppato il progetto
“Sul set – raccontano gli autori del progetto Poesia in Movimento – i poeti entravano in uno spazio protetto dove prima prendevano confidenza col proprio corpo e con il proprio stato d’animo; poi poco per volta cercavano una connessione profonda con se stessi, passando da attimi di intensa euforia a momenti di desolante solitudine. I loro segni erano carichi di emozioni opposte, tristezza, gioia, rabbia, dolcezza, paura, coraggio, sofferenza, assuefazione. Mentre segnavano i componimenti poetici li abbiamo video registrati e ripresi fotograficamente cercando di cogliere i momenti più intensi della loro espressività e del loro sentirsi nell’esperienza che vivevano. Al termine di ogni performance li abbiamo intervistati per raccogliere informazioni sulle loro vite e sui loro componimenti. Il lavoro d’equipe in questo progetto è stato continuo. E’ stato molto importante avere una supervisione esterna, sempre vicina alle dinamiche di lavoro sul campo; ci ha permesso di affrontare le difficoltà e dare profondità al lavoro.”