Tornare a camminare con le cellule olfattive

Paralizzato

Un paraplegico operato in Polonia con cellule staminali

Un paziente paraplegico a causa di una lesione spinale è tornato a camminare, dopo che è stato operato utilizzando cellule staminali prelevate dalla cavità nasale.

L’operazione pionieristica, condotta in Polonia da un’equipe mista guidata dal professor Geoff Raisman (Institute of Neurology della University College di Londra), è stata raccontata su Cell Transplantation.

Il trapianto delle cellule

Darek Fidyka, ferito nel 2010 da un colpo di coltello, nel 2012 era stato espiantato l’intero bulbo olfattivo per ottenere cellule olfattive di rivestimento, che permettono alle cellule nervose un continuo rinnovamento.

I chirurghi, dopo aver rimosso queste cellule le hanno messe in coltura trapiantandole poi nel midollo spinale, in prossimità della lesione, con un centinaio di microiniezioni per un totale di 500 mila cellule.

Inoltre i medici hanno rimosso quattro strisce di tessuto nervoso dalla caviglia del paziente, posizionandole a cavallo della ferita e utilizzandole come una sorta di ponte per favorire il passaggio delle staminali.

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Il recupero funzionale

La lesione si è rimpicciolita sensibilmente e Darek ha riguadagnato massa muscolare dopo un’intensa terapia riabilitativa all’Akson Neuro-Rehabilitation Center di Wroclaw.

Inoltre si è ripristinata la sensibilità dei visceri e la funzionalità vescicale e sessuale, compromesse dalla lesione.

La storia di Darek Fidyka fa pensare che per alcuni pazienti mielolesi sia possibile tornare a camminare. Tanto che la stessa équipe ha in programma di operare altri dieci pazienti nel prossimo futuro.

Le perplessità future

Ma trovare i fondi per i successivi interventi di questo tipo e le conseguenti riabilitazioni sarà un’operazione fondamentale, visto che tale operazione è stata sponsorizzata dalla Nicholls Spinal Injury Foundation (NSIF).

Gianvito Martino, direttore della Divisione di Neuroscienze dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, spiega come l’intervento abbia combinato tre approcci differenti,  costruendo un’impalcatura naturale tridimensionale come sostegno alle cellule staminali.

Sottolinea però che non si può escludere che la peculiarità della lesione abbia fatto la differenza e  che comunque ogni paziente è una storia a sé.