Tecnologie sempre più pervasive e invisibili cambieranno le nostre vite
Internet delle cose è già tra noi e cambia gradualmente la nostra vita quotidiana: ma non ce ne accorgiamo. Ed i rischi sono molti. Ad evidenziare come questa realtà parallela tutta in digitale pervada – e in futuro lo farà ancora di più – il nostro quotidiano è stato Eric Schmidt, ex-CEO di Google, parlando del futuro dell’economia digitale dal palco del World Economic Forum 2015 di Davos. Nella visione dell’ex big boss del gigante di Mountain Views, Internet in futuro sarà dappertutto, ma non ne percepiremo neanche più l’esistenza perché la daremo per scontata. IL cambiamento è già sotto i nostri occhi. Gli oggetti, a partire da quelli più comuni nel nostro quotidiano, diventano sempre più intelligenti e comunicano tra loro attraverso a Internet. Scarpe che “parlano” direttamente con un app che conta il tuo numero di passi, con velocità e distanza percorsa. Oppure macchine per l’espresso che si scaldano in sincronia con la sveglia. O anche riscaldamento domestico che si accende quando avvii l’auto per tornare a casa da lavoro. Il tutto grazie a dispositivi mobile connessi ad apparecchi intelligenti attraverso app e siti web come IFTTT If This Than That – in inglese, più o meno, se succede questo allora fai quello – o Atooma, app Android e Apple che apprendono dai nostri comportamenti a comandare gli oggetti intelligenti di cui siamo circondati. Ma non è solo questione di gadget sempre più tecnologici e alla portata di tutti. Il cambiamento che lo IoT – Internet of the Things – sta imponendo coinvolge e rivoluziona tutti i settori economici e produttivi dell’ecosistema umano con un impatto sociale ed economico senza precedenti, dalla prima rivoluzione industriale.
Calano i costi delle tecnologie, migliorano le performance, si moltiplicano le applicazioni
In un certo senso siamo solo all’inizio di quella che si prospetta come un’iperbolica accelerazione tecnologica conseguenza di diversi fattori concomitanti: dalla connettività sempre più diffusa e a costi accessibili, per passare a sensori sempre più economici, precisi e miniaturizzati, fino ad arrivare alla capacità di calcolo in crescita, sia in termini quantità di dati ricevuti ed elaborati che di precisione nella loro analisi. Ma a fare da catalizzatori di questa vera e propria rivoluzione digitale in corso, l’evoluzione verso il web 3.0, sono soprattutto l’inarrestabile crescita del tasso di penetrazione degli smartphone, della copertura wireless, anche in termini di qualità e di velocità del segnale, e la progressiva diffusione del nuovo protocollo di rete IPv6, che semplifica e moltiplica, rispetto al recentissimo passato, la possibilità di mettere in rete dispositivi. Una rete non più solo di persone, ma anche di oggetti che dialogano ed interagiscono autonomamente tra loro per migliorare la loro efficienza e la nostra qualità della vita.
Una rivoluzione smart e non solo
Nel 2014 sono stati acquistati 3.8 miliardi di dispositivi smart. Si stima che tra 5 anni saranno 30 miliardi. Una rivoluzione copernicana della nostra esistenza che ci costringerà a rivederne i radicalmente i paradigmi per comprendere quale sia il senso di apparecchi ed algoritmi che vivono, parallelamente, le nostre stesse vite. Occorre comprendere in quale modo la loro etica incroci e migliori, o magari peggiori, l’etica umana, e quale valore aggiunto generino nel nostro quotidiano “reale”, che comunque rimane fatto di battiti cardiaci, respiro, sentimenti – ed errori – e non della rigida precisione di un clock al quarzo. Il bisogno cui risponde un prodotto è stato, fino ad oggi, legato ad una scelta più o meno consapevole del consumatore. Internet delle cose introduce, almeno in parte, una variabile che può avere degli effetti inaspettati: la previsione, la predizione di questa scelta e la sua soddisfazione a prescindere, in un ciclo in continuità che tiene costantemente conto delle nostre abitudini ed azioni e, se nel caso, le corregge. Senza eccezioni. In un certo senso, si tratta di una possibilità di non scegliere che, in casi estremi, può equivalere all’impossibilità stessa di scegliere. Mai più di domani gli esseri umani potrebbero essere “dipendenti” da oggetti, piuttosto che da fattori naturali, quali relazioni, cibo, sentimenti, aprendo a prospettive inattese su come intendere lo stesso “essere” umani. Parliamo di prodotti che si aggiornano e si adattano da soli, che in qualche modo evolvono per soddisfare in maniera sempre più sofisticata e pervasiva la loro funzione al nostro servizio, magari utilizzando, per farlo, ciò che noi stessi gli insegniamo. Fino ad essere migliori di noi. Un modello di business plasmato non più su un “target“, ma su un singolo utente. Con tutto ciò che, nel bene e nel male, questo possa comportare