Uno studio dimostra che la “diagnosi fai da te” su internet è corretta solo 3 volte su 10
Chi di noi non l’ha fatto almeno una volta: uno strano sintomo, un principio di malessere e di corsa sul web a cercare cosa potrebbe essere. Nel soddisfare una curiosità non c’è nulla di male ma, prudenza, sul web, visto che non siamo medici, il pericolo di un errore diagnostico è sempre in agguato. Se non bastasse il buon senso a suggerirlo, a dare un’ulteriore conferma del rischio di errore nella medicina fai da te su web ora è arrivata anche una ricerca sulla “Cybercondria“, non a caso intitolata “Dr Google”, realizzata della Queensland University of Techonology di Brisbane, in Australia, e dall’istituto di Tecnologia dell’Università di Vienna, in Austria, che dimostra come solo 3 dei primi 10 risultati di una qualsiasi ricerca sfondo diagnostico su web risultino attinenti ai termini utilizzati, mentre tutti gli altri, potrebbero portare fuori strada. Questo risultato è stato ottenuto da un team di ricercatori che ha valutato l’efficacia dei risultati forniti dai motori di ricerca in risposta alla digitazione di quesiti medico-sanitari.
L’autodiagnosi sul web è un rischio
Nel corso dello studio, gli autori hanno mostrato ai partecipanti alcune immagini che ritraevano patologie diffuse come l’alopecia, l’ittero e la psoriasi. Hanno quindi loro chiesto quali ricerche avrebbero effettuato su internet per cercare di diagnosticarle. Al termine dell’esperimento, è emerso che solo tre dei primi 10 risultati forniti dai motori di ricerca, in particolare Google e Bing, risultavano utili ai fini dell’auto-diagnosi. Inoltre, solo la metà dei primi 10 siti appariva in qualche modo attinente alla malattia ricercata.
«Dal momento che, in media, solo tre dei primi 10 risultati appaiono utili – spiega Guido Zuccon, che ha guidato lo studio ed in passato è stato anche autore di una una innovativa ricerca per tracciare l’evoluzione delle epidemie influenzali attraverso l’analisi dei messaggi degli utenti di twitter – le persone continuano a cercare o danno retta a informazioni sbagliate, che potrebbero essere potenzialmente dannose per la salute».
Dato che una ricerca su 20, dei miliardi che vengono effettuate ogni mese su Google e sugli altri principali motori di ricerca, riguarda informazioni sanitarie, gli esperti australiani vogliono contribuire migliorare l’efficacia dei motori di ricerca per evitare o perlomeno limitare rischi di errore nell’autodiagnosi sul web.
«Attualmente stiamo sviluppando alcuni metodi per ottimizzare la visualizzazione delle pagine più pertinenti sui motori di ricerca. Per esempio, abbiamo sviluppato alcuni algoritmi che indirizzano gli utenti verso le pagine che, pur mantenendo la rilevanza e la correttezza delle informazioni mediche presentate, risultano più comprensibili per chi naviga», conclude Zuccon.