Relazioni virtuali come patrimonio.
Gli amici di Facebook come garanzia per un mutuo bancario? Chi lo avrebbe mai detto, fino a pochi anni fa, che il “patrimonio relazionale” con tutti i distinguo del caso tra reale e virtuale, sarebbe potuta diventare una carta da giocarsi per accedere al credito? Le banche decideranno se farci un mutuo in base agli amici su Facebook. Il social network lo dice esplicitamente in un brevetto. L’ipotesi è ancora teorica ma l’uso dei big data è il nuovo obiettivo della rete. Potrebbe non essere lontano infatti il momento in cui le banche decidano di concedere un prestito basandosi sugli amici di Facebook di chi lo richiede. A parlarne è stato un articolo del Nouvel Observateur, ripreso da Liberation, basandosi su una richiesta di brevetto depositata ai primi di agosto dal maggiore social network al mondo presso l’ufficio marchi e brevetti statunitense. Il nuovo sistema è un metodo per eliminare lo spam o per evitare l’accesso a determinati contenuti da parte di individui considerati inaffidafibili o presenti in una lista nera.
Applicazioni e algoritmi alla base della decisione delle banche
Tra le quattro applicazioni possibili che vengono citate si parla anche di banche: «In una quarta forma di realizzazione dell’invenzione, il fornitore di servizi è un creditore. Quando un individuo chiede un prestito, il prestatore esamina i rating di credito dei membri del social network che sono collegati all’individuo attraverso i nodi autorizzati. Se la valutazione media del credito di questi membri ha almeno un punteggio minimo di credito, il creditore continua a elaborare la richiesta di prestito. In caso contrario, la richiesta di prestito viene rifiutata» dice alla stampa un ricercatore. Nel mondo del prestito tra privati, un software che permetta di capire, grazie ai big data, se una persona che richiede un prestito sia affidabile o meno è una cosa del tutto nuova. Oggi per capire l’affidabilità si utilizzano (anche da parte degli stessi big del social lending, come Lending Club o OnDeck) i “credit bureau”, i registri dei cattivi pagatori, che però hanno dei limiti, soprattutto per determinare l’affidabilità del primo credito. Come ricorda lo stesso Nouvel Observateur, e in Italia Linkiesta, società come Lenddo e LendUp hanno già sviluppato dei sistemi di rating basati sui social network, mentre Inventure si basa sui dati degli smartphone. Non solo: in Francia sono già attive partnership tra Facebook e alcune banche, tra cui Bnp Paribas e Bpce (Banque Populaire e Caisse d’Epargne), sebbene solo per migliorare l’offerta sulla base delle aspettative dei clienti. Finora l’affidabilità di tali sistemi è stata messa in dubbio dagli istituti di credito tradizionali. La decisione di occuparsene da parte di Facebook potrebbe cambiare regole, anche se non è escluso che al brevetto, come accaduto molte volte per i giganti della tecnologia, non faccia seguito un’applicazione pratica. I big data cambieranno le banche?