Il governo vuole abolire l’ Iva al 4% per le prestazioni socio-sanitarie
Vi è grande preoccupazione tra le cooperative sociali, dopo che il governo intende abolire l’ Iva (Imposta Valore Aggiunto) agevolata al 4% per le prestazioni socio-sanitarie ed educative, trasformandola in un regime di esenzione.
Il provvedimento, già previsto dalla legge di stabilità varata dal Governo Monti nel 2012, nasce dalla decisione dell’Unione Europea di abolire le aliquote Iva inferiori al 5% e potrebbe scattare già nel gennaio prossimo.
L’aumento dell’Iva dal 4% al 10% questo porterà alle aziende centinaia di migliaia di euro di costi in più, derivanti dall’impossibilità di detrarre l’Iva sugli acquisti e sugli investimenti, con un impatto negativo pari intorno al 3% del fatturato.
Impatti sull’occupazione
E questo, secondo Legacoopsociali e le dirigenze regionali di Legacoop, porterà nel settore delle cooperative socio-sanitarie una forte diminuzione dei servizi ed una perdita ingente di posti di lavoro.
“Il risparmio previsto in campo nazionale è di 180 milioni, ma l’operazione, è stato calcolato, costerebbe allo Stato non meno di 600 milioni tra riduzione dei servizi, e quindi d’introiti, e ricorso alla cassa integrazione”, sostiene il presidente della sezione sarda Claudio Atzori.
«La marginalità netta media del settore è pari allo 0,63%: non ci sono le risorse per assorbire tali incrementi di costi”, ribadiscono il presidente Legacoop Emilia-Romagna Giovanni Monti e il responsabile di settore di Legacoopsociali Alberto Alberani.
“La preoccupazione delle associate è altissima. Si mette in discussione la tenuta dei bilanci, con un grave effetto anche sull’occupazione e il pericolo di chiusura di molti servizi rivolti a persone anziane e disabili gestiti dalle cooperative sociali».
Attacco alla cooperazione sociale
Questo non sarebbe che l’ultimo di una serie di attacchi alla cooperazione sociale e al welfare, come dimostrano le diverse accuse sui media ed anche le recenti dichiarazioni del prefetto di Roma, Franco Gabrielli, per il quale le cooperative di persone svantaggiate che usufruiscono del 5 % sono di fatto realtà criminali.
Come se il crimine delle cooperative sociali fosse quello di realizzare nuovi progetti per aumentare l’occupazione tra le fasce più deboli ed a rischio esclusione nel territorio, per portare i servizi alla comunità a seguito dei tagli del governo e per affrontare i problemi posti dalla crisi e dalle ondate migratorie.