Dopo tagli e la paralisi del Campidoglio è la delibera sugli appalti dell’assessore Sabella a dare il colpo di grazia ai servizi sociali
La Catastrofe del welfare romano si consuma all’ombra del Campidoglio. La guerra contro l’impresa sociale, quella buona, nel Lazio infatti si combatte su più fronti, incluso quello del Comune di Roma. Del resto avevamo già parlato delle denunce dell’Assessore agli affari sociali del Comune di Roma Francesca Danese sui rischi per la continuità del welfare della Capitale e dei livelli occupazionali delle tante imprese sociali che operano al suo interno.
Ora, negli stessi giorni in cui, con le dimissioni del Sindaco Marino, ci si avvia alla fine della consiliatura ed al commissariamento fino alle prossime elezioni – un lasso di tempo di quasi 8 mesi – l’Assessore alla trasparenza e alla legalità Alfonso Sabella – magistrato in aspettativa, non eletto ed imposto dal PD Nazionale – si prepara a presentare, in perfetta solitudine e senza confrontarsi con le parti sociali, una bozza di delibera comunale sugli appalti che ignora la “L. 328/2000 [Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali: NdR] e L.381/91 [Disciplina delle cooperative sociali: NdR] e promuove il primato della concorrenza e della rotazione degli affidamenti a discapito del lavoro sociale e dei servizi, penalizzando e avvilendo proprio il profilo sociale del terzo settore sia sotto l’ aspetto occupazionale che di potenziamento dell’ economia sociale, contributo quest’ ultimo presente in tutti i documenti e analisi di previsione dell’ economia italiana”. In parole povere, la delibera Sabella, così com’è escluderebbe la partecipazione degli operatori sociali alla progettazione degli interventi socio-sanitari sul territorio, prevista dalla legge 328/2000 ed il 5% dell’ammontare complessivo degli appalti riservati alle coop sociali prevista dalla 381/91, fino a prevedere, per l’assegnazione degli appalti, una sorta di estrazione a sorte elettronica, a maggior danno per la qualità dei servizi sociali di prossimità che invece della territorialità fanno il proprio punto di forza. Un ulteriore colpo al Terzo settore romano già in piena crisi per i tagli, per la paralisi della macchina capitolina ed il ritardo nei pagamenti
Il gesto di Sabella – che nel corso del suo breve mandato ha palesato più volte in occasioni pubbliche e senza problemi essere dell’opinione che nella sostanza cooperazione sociale significa corruzione – va in direzione contraria a quanto proposto dalla Danese – anche lei non eletta, ma scelta da Marino perché espressione del protagonismo della società civile e del terzo settore di Roma – poco più di un mese fa, in una memoria di giunta, di confermare l’attuale assetto che invece, in linea con le leggi e con i pareri dell’Anac, conferma quanto cancellato da Sabella, inclusa la specifica riserva del 5% delle gare per le imprese sociali.
“Sabella non ha conoscenza delle politiche sociali e il risultato è un pasticcio” ha dichiarato la consigliera di SEL Gemma Azuni, che ha partecipato con il collega Peciola e la Dem Erica Battaglia, già presidente della commissione affari sociali capitolina, ad una conferenza stampa convocata in proposito dal coordinamento “Rigeneriamo Roma, rigeneriamo il welfare” e “Roma Social Pride” che raccolgono le realtà e le espressioni del terzo settore attrici del welfare della capitale. “Si vuole ridurre il Terzo Settore a semplice gestione della mano d’opera a basso costo per la fornitura di beni e servizi – hanno concluso gli organizzatori – ma il welfare a Roma si rigenera solo attraverso percorsi partecipati e inclusivi a garanzia dei diritti civili e sociali”.