Le associazioni sulla disabilità contestano le norme del Jobs Act.
Dopo la protesta in piazza Montecitorio, le associazioni a difesa delle persone con disabilità, contrarie alla chiamata nominativa prevista dalle norme del Jobs Act, rimangono sul piede di guerra.
Infatti da parte di tutti quanti c’è il timore che la nuova disciplina possa portare le aziende a scegliere i disabili meno gravi, attuando così un’ulteriore discriminazione sulla discriminazione già presente.
Alla manifestazione hanno partecipato diverse realtà, come “Tutti, nessuno escluso”, Associazione Ylenia e gli Amici Speciali Onlus, Oltre lo Sguardo Onlus, Coordown, Consulta cittadina sui problemi delle Persone Handicappate.
Pur avendo ricevuto dal Governo una rassicurazione che, nel caso che dopo un periodo di rodaggio di 12 mesi previsti dalla legge delega le cose non funzionino, si interverrà nuovamente sulla norma, confermano di voler procedere ad un ricorso alla Commissione europea.
Come spiega Virginio Massimo, presidente dell’associazione “Tutti, nessuno escluso”, la legge introdurrebbe una forma di discriminazione indiretta ed una palese violazione della Direttiva europea 2000/78/CE e dei principi generali di non discriminazione e pari opportunità nell’accesso al lavoro.
L’associazione sta raccogliendo le adesioni per il ricorso, facendo un appello in tal senso a tutte le altre organizzazioni per la disabilità, e se non vi sono novità interverrà presto con il reclamo previsto dall’ Unione europea.
Aderisce alla protesta anche la Cgil disabilità, contro una norma “che permette la legalizzazione di una specie di caporalato per l’assunzione dei lavoratori con disabilità”, come afferma Nina Daita, la responsabile per le politiche sulla disabilità.
Nell’attesa della scadenza dei dodici mesi, si unirà al ricorso all’Europa contro la norma discriminatoria nei confronti delle disabilità più gravi, chiedendo il ripristino della situazione precedente.