Universal Design, significato e origine del termine

I principi dell'Universal Design
I principi dell’Universal Design

L’origine del termine Universal Design, il concetto ed i suoi 7 principi

L’origine del termine Universal Design si fa risalire al 1995, quando furono elaborati il concetto ed i suoi 7 principi, nell’ambito di un gruppo multidisciplinare di esperti al The Center for Universal Design della North Carolina State University, negli Stati Uniti.

Secondo questa filosofia, l’Universal Design, o “Progettazione Universale”, “è la progettazione di prodotti e ambienti utilizzabili da tutti, con la maggiore estensione possibile,  senza necessità di adeguamenti o di soluzioni speciali. Lo scopo della progettazione universale è semplificare la vita per chiunque realizzando prodotti, mezzi di comunicazione e un ambiente costruito maggiormente utilizzabili da più di persone, con un costo aggiuntivo ridotto o azzerato. Il concetto della progettazione universale ha come target di riferimento tutte le persone di tutte le età, misure e abilità”.

A distanza di circa 10 anni, nel 2006, sarà la stessa Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità a riprendere e definire tale concetto (art. 2) impegnando gli Stati membri a “promuoverne la disponibilità ed uso, ed incoraggiare la progettazione universale nell’elaborazione di norme e linee guida”(art. 4).

Questa definizione può essere considerata, oggi, come ufficiale, in quanto la Convenzione ONU è stata ratificata con una legge dello stato italiano (legge 18/2009), e risulta sostanzialmente analoga a quella precedente:
“Per “progettazione universale” si intende la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate. La “progettazione universale” non esclude dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità ove siano necessari.”  (Convenzione ONU, art. 2, anno 2006).

 Il termine di Universal Design già da alcuni anni è entrato nel nostro linguaggio comune e viene usato con una certa disinvoltura non solo da parte di tecnici ma anche da parte di coloro che sono impegnati in progetti e servizi sia con finalità sociale che a carattere inclusivo.

Fatta chiarezza sul significato e l’origine del termine sarà utile affrontare un altro elemento di possibile criticità dato dalla compresenza di più terminologie quali “integral accessibility”, “design for all”, “inclusive design” e “universal design”.

Anche se, a volte, le sfumature interpretative possono essere diverse, ai fini progettuali di spazi e ambienti, possiamo dire che vi sia uniformità di visione e di intenti.

Si veda ad esempio la definizione ufficiale di “Design for All”, riportata nella Dichiarazione approvata dall’Istituto Europeo per il Design e la Disabilità, nell’Assemblea Annuale di  Stoccolma del 9 maggio 2004.
Da questa emerge che il “Design for All è la progettazione che si rivolge alla diversità umana, alla inclusione sociale e all’uguaglianza. E’ un modo di pensare la progettazione di spazi ed oggetti che mette in grado tutti di accedere con pari opportunità alla partecipazione nella società. Questo approccio olistico ed innovativo costituisce una sfida creativa ed etica ad ogni designer, progettista, imprenditore, amministratore pubblico e leader politico. Lo scopo del Design for All è facilitare per tutti le pari opportunità di partecipazione in ogni aspetto della società. Per realizzare lo scopo, l’ambiente costruito, gli oggetti quotidiani, i servizi, la cultura e le informazioni – in breve ogni cosa progettata e realizzata da persone perché altri la utilizzino – deve essere accessibile, comoda da usare per ognuno nella società e capace di rispondere all’evoluzione della diversità umana.”

In conclusione, al di là dei luoghi e dei tempi che vedono questa filosofia progettuale emergere nei due continenti, quello americano e quello europeo, ritengo utile ribadire che la progettazione universale vada considerata come una strategia volta a migliorare la qualità di vita per tutti, con una fascia di utenza più ampia possibile, con la realizzazione di  ambienti costruiti, prodotti e sistemi di comunicazione accessibili, utilizzabili e comprensibili.  Un obbiettivo da perseguire con soluzioni che risultino il più possibile naturali e garantiscano indipendenza, senza adattamenti o soluzioni di design specializzate.

Per dirla con un esempio pratico, un servizio igienico “dedicato” alle persone con disabilità non rientra in questa logica, mentre un bagno che può essere utilizzato da tutti e che risulti non solo accessibile, ma anche comodo e sicuro, in relazione alle esigenze di persone con disabilità di tipo diverso (fisico, sensoriale e cognitivo), rientra in questa filosofia.

Certamente non si può raggiungere lo stesso livello di prestazioni per ogni singola unità ambientale, e proprio per questo si parla di strategia, ossia di un metodo che va declinato con una visione olistica del progetto che, a sua volta, va centrato sulla persona.

Articolo redatto da :

Arch. Daniela Orlandi