Uno studio su pazienti terminali non oncologici
Le cure palliative: arriva dal Canada un modello empirico per la valutazione del grado di percezione della dignità nei malati che affrontano il percorso fine-vita. Sulla base di questo modello è stato sviluppato il Patient Dignity Inventory (PDI), uno strumento di screening delle fonti di disagio che è stato adottato nei modelli di cure palliative in tutto il mondo. Ecco una parte introduttiva del questionario: “Essere mortale ha a che fare con la lotta per far fronte ai vincoli della nostra biologia, con i limiti stabiliti dai geni, dalle cellule, dalla carne e dalle ossa. La scienza medica ci ha messo a disposizione un grande potere per contrastare questi limiti e il valore potenziale di questo potere è una delle ragioni principali per le quali sono diventato un medico. Ma più e più volte ho assistito al danno che procuriamo in medicina quando non riusciamo a riconoscere che tale potere è di natura finita e lo sarà sempre. Eravamo nel torto rispetto al ciò che costituisce il nostro lavoro in medicina. Pensiamo che il nostro compito sia di garantire la salute e la sopravvivenza. Ma in realtà è più ampio. È consentire il benessere. E il benessere riguarda le ragioni per cui una persona desidera di essere viva. Tali motivi non hanno importanza solo alla fine della vita, o quando arriva la debilitazione, ma lungo tutto il percorso. Ogni volta che una malattia grave o una lesione colpiscono e il corpo o la mente si abbattono, le questioni vitali sono le stesse: Qual è la tua comprensione della situazione e dei suoi potenziali risultati? Quali sono le tue paure e quali sono le tue speranze? Quali sono i compromessi che si è disposti o non disposti a fare? E qual è la linea di condotta che meglio facilita questa comprensione?”
Come è stato condotto lo studio
L’autore di questo metodo, lo psichiatra canadese Harvey Max Chochinov, direttore della Manitoba Palliative Care Reserarch Unit, ha recentemente siglato assieme al suo team di ricerca un lavoro intitolato “Dignity and Distress towards the End of Life across Four Non-Cancer Populations”, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale PLOS One. Lo scopo dello studio era identificare quattro popolazioni di pazienti terminali, affetti da patologie non oncologiche, che potrebbero beneficiare di cure palliative, descrivendo e confrontando la prevalenza e le manifestazioni del disagio legato alla sfera della dignità personale. Tra febbraio 2009 e dicembre 2012, sono stati reclutati ai fini dello studio 404 partecipanti, circa 100 per quattro diverse patologie tra cui la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), la malattia polmonare ostruttiva cronica (BPCO), la malattia renale allo stadio terminale (ESRD) e la fragilità degli anziani. I pazienti affetti da questo tipo di condizioni tendono, rispetto a quelli affetti da patologie oncologiche, a ricevere meno cure palliative, nonostante la sofferenza fisica, psicologica ed esistenziale. Chochinov ha coniato un vero e proprio modello empirico per la valutazione del grado di percezione della dignità nei malati che affrontano il fine-vita e sulla base di questo modello è stato sviluppato il Patient Dignity Inventory (PDI),uno strumento di screening delle fonti di disagio che è stato adottato nei modelli di cure palliative in tutto il mondo. Gli autori hanno concluso che la perdita complessiva di dignità non si differenziava significativamente tra le popolazioni oggetto dello studio e si è mantenuta su livelli paragonabili a quelli riscontrati nei pazienti oncologici. A risultare estremamente eterogenei sono stati invece i patterns associati al disagio connesso alla percezione della dignità.
“I pazienti affetti da SLA” riportano Chochinov e colleghi “hanno segnalato un maggior disagio correlato alla dignità come ad esempio il non essere in grado di svolgere dei ruoli, delle attività o delle routine quotidiane importanti; sentirsi come un peso per gli altri, avvertire una perdita di controllo e non sentirsi più utili e preziosi”.