Molte le novità per le imprese sociali con il riordino del quadro normativo. Ora il testo al vaglio di Montecitorio per l’approvazione finale
A 2 anni dall’inizio del suo iter parlamentare la riforma del Terzo settore sia avvia verso le fasi conclusive della sua approvazione definitiva. La riorganizzazione del non profit italiano, voluta fortemente dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi che l’ha inserita fin dall’inizio del suo mandato tra le azioni prioritarie del suo governo, è stata infatti approvata a larga maggioranza al Senato. Si tratta di un corpo normativo destinato a regolamentare dal punto di vista giuridico, finanziario ed fiscale una realtà sociale ed economica composta, in base ai dati dell’ultimo censimento Istat (2011), da oltre 390 mila organizzazioni con 5 milioni di volontari e 800 mila lavoratori dipendenti, tra le quali oltre 12 mila tra cooperative ed imprese sociali che da sole danno lavoro al 38 per cento degli addetti del settore, 8 mila fondazioni di comunità. 74 miliardi l’anno è il fatturato annuale medio del comparto, pari a quello dell’intero settore delle costruzioni e che contribuisce a ben il 4 per cento del Pil italiano.
Cosa cambia la riforma in cantiere
“Riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e della disciplina del servizio civile universale“, questo è il nome del disegno di legge delega che modificherà, a venti anni di distanza dalla sua approvazione, la legge 266 del 1966 sulle organizzazioni di volontariato e riorganizzerà l’intero quadro normativo in cui si muovono gli enti del Terzo Settore. Cambieranno molte cose: dalla definizione e dall’oggetto dei soggetti giuridici che operano nel comparto ad una nuova fiscalità. Molte le novità soprattutto per il Servizio Civile Nazionale, altra punta di diamante del programma del Premier Renzi, che si vedrà riconosciuto il ruolo di forza di difesa non armata, al pari di quanto accade in molti altri Paesi occidentali, al suo allargamento anche alle persone di nazionalità straniera in regola con il permesso di soggiorno.
Associazionismo ed impresa sociale
Se, però, buona parte della riforma è destinata a liberare per il mondo dell’associazionismo e del volontariato risorse dal privato, prima inedite, per renderlo sempre più indipendente dal sostegno pubblico, contribuendo così a svecchiarne le dinamiche, a modernizzarne la composizione e a renderlo più agile, per quanto riguarda, invece, l’impresa sociale la questione è più complessa. Sono state infatti definite solo linee guida e la normazione è demandata a decreti attuativi che il governo varerà nei mesi successivi all’approvazione del Ddl delega da parte della Camera dei Deputati. I passaggi più delicati nel testo uscito da Palazzo Madama – e sul quale Palazzo Montecitorio voterà senza modifiche – sono quelli che prevedono l’introduzione nuove forme societarie, non più solo cooperative, ma anche Srl e SpA, e della remunerazione del capitale sempre però nell’ambito del pieno rispetto delle finalità sociali dell’impresa.
I pareri degli addetti ai lavoro a questo proposito sono comunque positivi e concordi
“In un testo complessivamente positivo – dichiara in un comunicato Pietro Barbieri, portavoce del Forum nazionale del Terzo Settore – certamente rimangono alcune zone d’ombra e qualche dubbio, che però confidiamo di fugare durante la fase di redazione – auspicando tempi rapidi per il nuovo passaggio del DDL alla Camera dei Deputati – dei Decreti Legislativi, momento decisivo per delineare lo schema normativo effettivo in cui gli Enti di Terzo Settore dovranno operare, e nel cui iter chiediamo, come rappresentanti dei destinatari delle norme, di poter essere ancora coinvolti e ascoltati. Il Forum, come sempre in questi due lunghi e tormentati anni di gestazione della Riforma è pronto a fare la sua parte, con serietà e responsabilità, nell’interesse di tutto il Terzo Settore italiano”.
“L’allargamento dei settori per le imprese sociali – evidenzia Giuseppe Guerini presidente di Federsolidarietà in un comunicato – la possibilità di attrarre capitali e finanziamenti «pazienti» (con basso rendimento e a lungo termine) per nuovi servizi, la semplificazione e la chiarezza delle procedure per acquisire la qualifica sono novità importanti che devono trovare nei decreti legislativi gli strumenti più idonei per avviare una nuova fase”.