Lo stabilisce un decreto del ministero del lavoro che recepisce le sentenze della giustizia amministrativa sui ricorsi del collettivo “Stop al nuovo Isee”
Dopo le proteste ed i tre ricorsi vinti sia al Tar del Lazio che e al Consiglio di Stato, il Governo fa finalmente marcia indietro sull’inserimento delle prestazioni economiche assistenziali e previdenziali e dei contributi e delle indennità erogate a qualsiasi titolo alle persone con disabilità in ragione del loro status. Lo stabilisce il Decreto 146/2016 pubblicato in via d’urgenza dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che applica il provvedimento correttivo approvato dal Parlamento con la Legge 89/2016 di conversione del Decreto Scuola ed accoglie le istanze sollevate dal collettivo “Stop al nuovo Isee” contro l’inserimento nel calcolo dell’Isee anche di queste somme. In attesa che venga recepita la nuova giurisprudenza rimarranno in vigore per 45 giorni gli attuali modelli e calcoli per l’Ise e l’Isee, gli indicatori di ricchezza delle famiglie. Dopodiché si tornerà al vecchio metodo che non includeva nel reddito disponibile trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, percepiti in ragione della condizione di disabilità, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini dell’Irpef. Verrà inoltre appliccata la maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente. Per finanziare i costi di questa nuova norma lo stato taglierà di un milione di euro ogni anno il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali.
Una vittoria a metà?
Sebbene l’opinione delle organizzazioni delle persone con disabilità sulla nuova norma sia in generale positiva, vengono evidenziati anche alcuni effetti negativi dei cambiamenti introdotti nel calcolo della ricchezza famigliare.
Critiche soprattutto da Vincenzo Falabella , presidente della Fish, Federazione italiana per il Superamento dell’Handicap, che ha dichiarato: “Se da un lato le nuove norme vietano il computo delle provvidenze assistenziali per la disabilità, dall’altro eliminano le franchigie e la possibilità di detrarre le spese per l’assistenza effettivamente sostenute dalle famiglie. Quello che ci restituisce questa legge è uno strumento che crea ancora forti disparità di trattamento e non riconosce appieno il costo della disabilità”.
Falabella evidenzia inoltre che la battaglia è tutt’altro che conclusa. “L’unico segnale parzialmente positivo deriva dalla contestuale approvazione – aggiunge infatti il presidente Fish alla stampa – di un ordine del giorno, presentato dall’onorevole Margherita Miotto, che impegna il governo a indicare tempi certi e tempestivi per la revisione complessiva del regolamento Isee, tenendo conto delle spese di assistenza, della presenza di pluriminorazioni, differenziando l’indicatore a seconda della gravità della disabilità e valorizzando in modo più conveniente i patrimoni accantonati per il «Dopo di Noi».
Duole invece – conclude Falabella – che non siano recepite le indicazioni in favore dei minori con disabilità, esclusi dalla possibilità di redigere un Isee ridotto, e per la valorizzazione del lavoro dei caregiver familiari».
“Per alcuni l’Isee finale sarà sarà più basso rispetto a quello derivato dal Dpcm 159/2013 – sottolinea infine il direttore di handylex.org, la testata della Uildm, Carlo Giacobini – per altri non cambierà nulla, mentre per altri ancora potrebbe essere meno vantaggioso. Rispetto poi all’ipotetica estensiva applicazione delle sentenze del Consiglio di Stato, i vantaggi saranno più sperequati di quanto si potesse sperare”.