Tra i firmatari del protocollo per la gestione dei beni sequestrati alla mafia anche Regione Lazio, Roma Capitale, Unindustria, sindacati confederali e l’Associazione Libera
La sede è simbolica ed evocativa. È stato in fatti a piazzale Clodio che si è siglato il Protocollo per la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose nel Lazio. Sono 18 le organizzazioni che hanno firmato l’intesa alla presenza del Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Virginia Raggi. Oltre a Legacoop, presente con il proprio presidente Mauro Lusetti, anche Regione Lazio, Roma Capitale, Unindustria, i sindacati confederali e Associazione Libera hanno sottoscritto il documento.
Per Legacoop questo evento è uno delle pietre miliari ed ulteriore occasione di rilancio istituzionale del percorso ha intrapreso dopo le vicende che hanno interessato alcune imprese aderenti. La conferma di un impegno a cui l’associazione risponderà mettendo a disposizione tra l’altro manager ‘certificati’ per sostenere il rilancio nella legalità delle imprese confiscate.
“La tolleranza zero – ha infatti commentato il presidente Lusetti – dà i suoi frutti. La nostra associazione ha scelto di accompagnare alla porta chi tradisce i valori della cooperazione e la fiducia dei cooperatori e di investire sui soci delle realtà coinvolte per farle ripartire sulla strada della legalità che è per noi l’unica possibile. Noi vogliamo stare sul mercato per cambiarlo, non per adeguarci ai suoi meccanismi malati e alle ingiustizie. Questo protocollo si muove lungo questa direttrice, per dimostrare che è davvero possibile costruire elementi di un mercato pulito anche là dove aveva regnato la malavita, grazie alla collaborazione tra chi ha compiti di rappresentanza e le istituzioni”.
Un’intesa importate che contribuirà a riportare nel circuito virtuoso dell’economia laziale, con particolare attenzione proprio alla cooperazione e da l terzo settore, un patrimonio del valore di un miliardo e mezzo di euro, composto da circa 1100 immobili da destinare, ove possibile, ad uso pubblico e da oltre 300 aziende attive sul mercato di cui occorre salvaguardare i livelli occupazionali e le attività commerciali
“Quando, dopo un sequestro, una azienda sequestrata ricomincia a lavorare – ha commentato il procuratore Pignatone – è un esempio virtuoso di una società e di uno Stato che funziona e che rimette in moto delle realtà produttiva evitando licenziamenti e perdite di ricchezza complessiva”.