Il fenomeno dei Workers Buyout
Quando sono i dipendenti a salvare l’azienda: sempre più casi in Italia secondo una recente ricerca. Sono più di cinquanta di imprese salvate negli ultimi cinque anni nel nostro paese, per 1.200 posti di lavoro e 178 milioni di euro di giro d’affari. Succede che società di capitali diventano cooperative; dipendenti che studiano per ricoprire il ruolo di imprenditori; competenze, know-how e patrimoni che sopravvivono a fallimenti e liquidazioni aziendali. Questo è o scenario dei workers buyout (da ora in poi abbreviati in WbO) in Italia, operazioni nate e diffuse negli Usa soprattutto attraverso l’intervento dei fondi pensione e che da noi, sebbene ancora non spostino volumi significativi, si stanno diffondendo come risposta all’emergenza occupazionale. E la condivisione del rischio tra chi apporta saperi e mestieri sembra essere un antidoto efficace.
Istituzionalizzati dalla legge Marcora con la legge 49/85 (poi rivista nel 2001 per aggirare i problemi legati agli aiuti di Stato) di riflesso al crac della Richard Ginori, i salvataggi di aziende in chiusura per mano dei loro lavoratori sono stati circa 300 in questi 31 anni di storia. Finanziandosi prioritariamente con l’anticipazione dell’indennità di mobilità, oltre che con i propri risparmi, e supportati dall’investitore istituzionale cooperativo Cfi (Cooperazione Finanza impresa). Con un beneficio economico per la collettività che va oltre la salvaguardia occupazionale.
In Emilia Romagna la presenza maggiore di imprese salvate
Se nei primi anni Novanta sono stati soprattutto Toscana, Marche e Veneto a esprimere i casi più interessanti di Pmi salvate da lavoratori-imprenditori, oggi è l’Emilia-Romagna il territorio più prolifico, con 16 coop nate nell’ultimo lustro per 386 posti di lavoro e 72 milioni di ricchezza messi in salvo. I Wbo funzionano anche per la trasmissione di impresa in bonis (non per chiusure ma per semplici cessioni di proprietà), ma si tratti di incidenze minime, che non arrivano al 5% del totale, anche se potrebbero essere un’ottima alternativa ai passaggi generazionali difficili, «Stiamo costruendo un portale dei Wbo, come abbiamo fatto per le start up – dice alla stampa l’assessore regionale alle Attività produttive dell’Emilia-Romagna, Palma Costi – dove cercheremo di collegare tutti i soggetti che cooperano alla realizzazione dei Wbo per trovare strumenti, indirizzi e opportunità in rete in tempi rapidissimi. Perché il fattore tempo è cruciale per non perdere competenze e mercato nelle crisi di impresa. Le procedure concorsuali sono in questo senso troppo lunghe. Servono tutoraggio e supporto a business plan, credito e riqualificazione e formazione per accelerare gli iter dei workers buyout».