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Smart speaker, a portata di voce la domotica applicata all’accessibilità

Poco meno di tre mesi fa Google ha lanciato in Italia il suo Home. Si tratta dell’assistente vocale personale di Alphabet, che ha bruciato sul tempo Siri di Apple e Alexa di Amazon sul fronte della localizzazione, capire la lingua, per il nostro Paese.

È commercializzato in standard, una sorta di tronco di cono, e la mini, simile ad una saponetta tonda. Le differenze tra le due sono minime. Una cosa “carina”, ma con problemi potenziali e sostanziali per quanto riguarda la privacy. Cercheremo di approfondire i rischi per i nostri dati personali. Prima è utile, però, esplorarne i pregi ed i vantaggi che questi dispositivi possono offrire.

Google Home e la domotica applicata all’accessibilità

Io l’ho provato nella versione inglese e tedesca, standard e mini, lo scorso ottobre all’Università di Scienze applicate di Francoforte. Ero ad un seminario sulla domotica per le persone con disabilità. I colleghi tedeschi hanno attrezzato nell’Ateneo un appartamento accessibile interamente domotizzato per sperimentare e “dimostrare” l’impatto delle nuove tecnologie sulla vita delle persone con disabilità.

Nella loro ottica si tratta soprattutto di persone anziane, sole e non autonome. Quello dell’invecchiamento, e delle soluzioni per migliorare la loro vita quotidiana al netto del welfare, è una questione molto sentita dai tedeschi e da noi. La popolazione invecchia, sono pochi i nuovi nati.

Lo stop all’immigrazione nella Fortezza Europa, come già fatto da Donald Trump negli Usa, potrebbe aggravare ulteriormente situazione, con un impatto non calcolabile, al momento, sul sistema pensionistico e sul costo del welfare. Come ho detto, l’ho provato. Si tratta di un dispositivo connesso, della grande famiglia degli Iot, Internet of Thing, internet delle cose.

Parlare a Google Home

La particolarità di Google Home è che se gli parli ti capisce (ora in italiano). Interrogato, dice quando passa il prossimo bus. Chiama il taxi quando serve (e si ricorda quando ti serve). Chiama le persone sulla base dei contatti del tuo smatphone (e può leggerli da solo).Facilissimo accoppiarli. Ti avverte se è l’ora di prendere la pillola e chiama un numero d’emergenza se si verificano determinate condizioni. Ti trova le ricette online o ti prenota un viaggio o un soggiorno. Oppure può effettuare ordini di qualsiasi genere, se ti serve. Oppure postare sui social.

Un oggetto collegato a Iot

Se ci sono, Google Home si collega ad altri oggetti Iot compatibili per programmarli e controllarli. Ti mette la musica che preferisci, solo chiedendola. Seleziona i programmi televisivi che guardi e ne programma la registrazione per visualizzarli a richiesta. Programma il forno, per cucinare quello che hai preparato, o monitora il frigo per ordinare cosa manca. Controlla il sistema di termoregolazione domestico per controllare la temperatura dell’aria e dell’acqua e ottimizzare clima ed consumi.

Un assistente personale nelle nostre case. Che sa tutto di noi

Google Home, insomma, impara tutto di noi: i nostri gusti, le nostre abitudini ed i nostri comportamenti. Conosce il nostro stato di salute. Sa se siamo in casa, o dove dove siamo. Questo è un problema. I dati personali che utilizza hanno un nome ed un cognome.

Internet nella nostra vita quotidiana

Questi dati corrispondono ad un luogo fisico. Anzi dei luoghi e delle circostanze in cui vengono prodotti. I dati raccolti vengono utilizzati per una profilazione che identifica, sebbene genericamente, noi, e, più in generale, le categorie socio-demografiche a cui apparteniamo. Anche in base al territorio. Questi dati vengono usati, non solo da Google Home, ma anche dagli altri dispositivi dell’Iot, per migliorare i servizi offerti, le tecnologie utilizzate e l’esperienza utente.

Non solo, però. possono essere utilizzati anche per la pubblicità ed il marketing. Li cediamo più o meno consapevolmente, comportandoci come siamo abituati nella nostra vita quotidiana. La stessa cosa accade, come sappiamo, anche quando navighiamo su internet. Lì, però, siamo in un territorio virtuale, digitale ed immateriale, in cui siamo più consapevoli della cessione di dati e abbiamo qualche strumento per difendere la nostra privacy. Questi oggetti proiettano, invece, gli stessi problemi di privacy del web direttamente nel mondo fisico, nella nostra vita. Questo aspetto ha importanti implicazioni.

Come vengono usati i nostri dati personali?

Sappiamo che in nostri dati vengono utilizzati da Google o dalle piattaforme social a scopo di marketing. Sappiamo anche, come è accaduto nei mesi passati con lo scandalo Cambridge Analytica, che questi dati possono essere utilizzati per condizionare scelte elettorali o decisioni politiche. I dispositivi Iot, scendono molto più in profondità nelle nostre vite perché sono accanto a noi, nelle nostre case e nelle nostre auto. Contribuiscono a migliorare le nostre vite, anche se ancora con un impatto limitato destinato a crescere vertiginosamente nei prossimi anni. Si calcola, infatti, che per la prima volta quest’anno gli Home Assistant – come Google Home, che ha visto crescere i suoi acquisti, nel solo 2018, del 483 per cento – supereranno, in termini di vendite a livello globale, i tablet.

Google Home è il venduto

Il successo di vendite di Google Home ha fatto di questo dispositivo smart, realizzato grazie a tecnologie AI, come il deep learning ed il riconoscimento vocale, un vero King Maker che ha sbaragliato le proposte della concorrenza, arrivando a maturità prima dei prodotti Amazon e Apple. Non si tratta del primo dispositivo arrivato sul mercato. Negli States da tempo sono sul mercato dispositivi Iot. Come le prese elettriche intelligenti che staccano gli elettrodomestici quando non servono, riducendo i consumi ed evitando blackout, offerti direttamente ai consumatori dalle aziende fornitrici, che, in questo modo, riescono a controllare meglio l’erogazione di energia. O altri altri oggetti più controversi, come i bracciali smart che trasmettono alle assicurazioni mediche dati sui comportamenti degli utenti che contravvengono le regole contrattuali. Oppure, il Dash Button, che permette di acquistare singoli prodotti via internet con un click. È la prima volta, però, che nelle nostre case entra un oggetto con cui possiamo interagire conversando.

Incidenti e rischi con Google Home

Al di là della questione dei dati qualche incidente nel corso degli ultimi mesi c’è stato. Come nel caso di uno Smart Speaker Alexa di Amazon che, per errore, ha registrato e condiviso sui social una conversazione privata. O anche dispositivi Google Home che, senza il consenso dell’utente, condividevano il loro posizionamento. Bug software di “gioventù” che verranno prontamente corretti. Errori che fanno però riflettere. Ad esempio, su come i dati di questi dispositivi smart, al pari di quelli degli smatphone, possano essere utilizzati in casi giudiziari. Come è accaduto lo scorso anno per le indagini su un omicidio. Soprattutto, riflettere su come questi stessi dati – le nostre conversazioni private tra le quattro mura di casa, le nostre abitudini, la nostra posizione – possano essere utilizzati, a nostra insaputa, per controllarci preventivamente o per indagare su di noi, magari a fini di sicurezza nazionale ed internazionale e su quanto sia sicura, a questo punto la nostra privacy nel mondo materiale. Una questione di diritti civili, già molto dibattuta negli Usa, dove l’antiterrorismo è di manica decisamente più larga e consente un atteggiamento più intrusivo delle autorità nella vita dei cittadini.

Il nemico è alle porte?

Per cose nuove ed inedite, ci vogliono regole nuove. Per il trattamento e la protezione dei dati nell’Iot, le norme sono le stesse del web, come per il Gdpr. È comunque certo che la domotica, ancora in fase embrionale, soprattutto nel nostro Paese, è uno dei prossimi confini dell’automazione smart. Una piccola rivoluzione alla nostra porta di casa, che promette di portare molti vantaggi e benefici alla nostra qualità della vita. Con però tutti i rischi, che ben conosciamo, dei big data e del web. Qualcuno di questi dispositivi, come ad esempio le Smart Tv, sono già tra noi.

Prima lo provo e poi vi racconto

Sono un early adopter. Sto per comprare Google home, con una certa tranquillità, per mia madre, che ha una certa età e qualche problema di memoria. Questo non significa che la lascerò in balia di una macchina e del grande fratello, ma solo che, quando non potrò io, ci sarà qualcuno che le ricorderà di prendere la pillola o le cercherà un contatto sul telefono e farà una telefonata. Per casa, invece, mi comprerò una pentola elettrica per lo slow coocking. Anche quella governata a distanza da app per programmarla, avviarla e monitorare la cottura. Per il momento, però, non devo parlarci. Almeno per il momento.

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