di Antonietta Mastrangelo
La salute dei migranti ritorna con forza riecheggiando tra l’opinione pubblica, anche in questi giorni in cui sono ripresi gli sbarchi sulle coste italiane, principali punti di approdo i porti di Augusta e Pozzallo, con l’arrivo di molti minori stranieri non accompagnati. Negli ultimi anni il tema della salute dei migranti ha assunto più che nel passato una connotazione di assoluta emergenzialità. La questione relativa alla gestione dei flussi, all’approdo in terra italiana dei profughi, ad un sistema di accoglienza approssimativo, hanno catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica alimentando paure circa la diffusione di malattie inconsuete, o da tempo ormai scomparse, ma che da qualche anno, hanno fatto di nuovo “capolino”. Dal punto di vista organizzativo invece, le istituzioni politiche hanno focalizzato l’attenzione sull’aspetto organizzativo dell’arrivo dei migranti, trascurando l’importanza della prevenzione e della tutela alla salute.
A tal proposito nel maggio scorso si è svolto a Torino il XIV Congresso nazionale della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM), nell’ambito del quale oltre 300 operatori socio-sanitari provenienti da tutta Italia, hanno voluto ribadire con forza il tema della centralità della salute come bene comune, nella logica costituzionale di garantire pari opportunità di accesso e di cura a tutti gli individui. Il Congresso in tal senso, ha rappresentato un luogo di opportunità per confrontarsi sui dati epidemiologici, ma anche sui modelli assistenziali, sulle emergenze reali o presunte, sulle buone prassi e criticità, e sulle politiche sanitarie locali ancora troppo diversificate che in tal modo, rischiano di produrre diseguaglianze ed esclusioni. E’ in tale ambito che s’inquadra un esempio tra gli interventi sanitari più esaustivo di quanto si possa intendere un sistema di accoglienza completo, rappresentato dal Gruppo di lavoro inter-istituzionale su iniziativa della Direzione Generale della Azienda Sanitaria Locale (ASL) RMB, azione intrapresa nella primavera del 2014. Tale gruppo di lavoro coordinato dal Dipartimento di Prevenzione della ASL RMB e dall’INMP (Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà), ha definito le modalità operative e gli strumenti più idonei a garantire l’assistenza socio-sanitaria di base, e il supporto sociale ai migranti in transito. Successivamente nella primavera del 2015 in risposta alla nuova ondata di sbarchi, e all’ulteriore incremento dell’insediamento in via delle Messi d’Oro, una parte dei migranti è stata accolta nel centro di accoglienza Baobab (sul territorio della ASL RMA) e all’interno di una tendopoli allestita con il contributo della Croce Rossa nei pressi della Stazione Tiburtina (sul territorio della ASL RMB). Una collaborazione dunque da parte di entrambe le ASL di competenza dei due diversi territori di Roma, che hanno portato avanti fino alla naturale cessazione delle attività, avvenute il 13 novembre del 2015 per esaurimento del flusso. In tale contesto sono state garantite prestazioni sanitarie di primo livello direttamente presso gli insediamenti, grazie alla collaborazione di specialisti dermatologi, operatori sociali e mediatori culturali. Le equipe hanno operato all’interno di unità mobili adibite ad ambulatorio o in spazi dedicati presso gli insediamenti, garantendo visite di medicina generale e dermatologiche, medicazioni e somministrazioni di farmaci. Per quanto ha riguardato invece la gestione di casi specifici in cui sussistevano le condizioni di programmabilità di videat specialistici o approfondimenti diagnostici, è stato garantito l’accesso facilitato alle strutture ambulatoriali del territorio, prevedendo in taluni casi, anche l’accompagnamento dei pazienti mediante automezzo dedicato.
Innovazione e migrazioni
Interessante inoltre l’adozione del servizio di teleconsulto dermatologico messo a disposizione dall’INMP, con la possibilità per gli operatori delle equipe, di inviare immagini su piattaforma dedicata e richiedere pareri su specifici quesiti diagnostici. Infine in caso di pazienti che necessitavano di trattamenti urgenti in ambito ospedaliero, è stata utilizzata la modalità di attivazione dell’ Ares 118. A completamento delle azioni di tipo sanitario, sono state condotte parallelamente quelle sociali, le quali hanno riguardato la raccolta e la distribuzione di beni di prima necessità (abiti, cibo e kit per l’igiene personale), in base alle disponibilità e grazie anche al supporto delle parrocchie di zona. Si è trattato dunque di una serie di interventi ben coordinati che hanno prodotto 3.870 visite realizzate nelle unità mobili nel solo 2014 e ben 8.439 nel 2015 (più che duplicate). I contatti sono stati di tipo sanitario (intorno al 90% in entrambe gli anni), seguiti da visite di controllo, ove l’età media dei pazienti si aggirava intorno ai 20 anni, con una prevalenza di minori (14% nel 2014 e 20% nel 2015), in cui la maggior parte di essi era approdata sulle coste del Sud Italia (Sicilia, Puglia, Calabria e Campania). Le patologie maggiormente riscontrate sono state quelle di natura dermatologica ( nel 55-60%), a seguire del sistema respiratorio ( nel 13-20%), e a carico dell’apparato digerente ( nell’ 8-9%). Mentre per quanto ha riguardato le malattie sistemiche, vale a dire quelle maggiormente percepite come più pericolose tra l’opinione pubblica (tubercolosi, malaria eccetera), i casi segnalati sono stati pari allo 0,5% della casistica totale, un dato quest’ultimo, che smentisce ogni denuncia d’invasione dei migranti che “portano con sé le malattie dal proprio paese”. I dati statistici anche in tal caso rappresentano uno strumento indispensabile per fornire un freno al comune pregiudizio in termini concreti, i quali parlano di numeri esigui, non in grado di scatenare alcuna pandemia. Si è trattato dunque di un modello che agendo in termini di assistenza socio-sanitaria e sviluppando una “rete di prossimità”, intesa come un sistema dialogante, è stato capace di assicurare una copertura territoriale e tempestiva in termini di risposta. In tal senso la modalità che ne emerge è quella di un’ offerta sanitaria proattiva, in cui nel Sistema sanitario pubblico, risulta centrale la tutela della salute delle persone, ma altresì svolgono un ruolo determinante, le associazioni del privato sociale nel rendere accessibili i percorsi di presa in carico, di situazioni di particolare marginalità e condizioni di povertà grave in generis. Un modello che si spera possa essere replicato nuovamente a livello territoriale, regionale e finanche nazionale, soprattutto in previsione dei prossimi flussi e di quelli già in arrivo in questi giorni con gli sbarchi avvenuti ad Augusta e Pozzallo di migranti provenienti dalle coste libiche e con un’alta presenza di minori stranieri non accompagnati al seguito, una spola con l’Italia che certamente proseguirà in tale trend ancora per molto tempo.