“Un Paese incollato al presente”, questo il titolo del rapporto Censis 2017. Nel capitolo sul welfare, note amare sull’autosufficienza
Autosufficienza, un “insufficient”e, dal Censis, alle politiche di welfare italiane. Negli scorsi giorni è stato pubblicato il 51° rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese, intitolato, significativamente, “Un Paese in cui il futuro è rimasto incollato al presente”.
L’emergenza permanente della non autosufficienza
In particolare, il rapporto evidenzia come l’autosufficienza come emergenza permanente. Nel 2016, infatti (il rapporto si riferisce allo scorso anno) le persone non autosufficienti sono 3.378.000 (l’8% della popolazione, con quote pari al 7% nel Sud, al 5,8% al Centro, al 5,5% al Nord-Est e al 4,7% al Nord-Ovest).
Oltre l”80,8% ha oltre 65 anni di età. In base ai dati tendenziali, nel 2031 le persone non autosufficienti saranno 4.666.000 e l’area più a rischio è il meridione, con un incremento previsto del 10,5%.
L’altra faccia della medaglia è una rete sociosanitaria ancora insufficiente e la residenzialità, cenerentola dell’assistenza, con 273.000 ospiti. Lo scorso anno, infatti, le famiglie con persone non autosufficienti hanno sperimentato maggiori difficoltà nel sostenere le spese sanitarie (il 51% rispetto al 31,5% del resto delle famiglie).
La nuova centralità della salute
Migliora invece la cura degli italiani per la salute, soprattutto in termini di prevenzione, come evidenziato dalle opinioni opinioni e comportamenti di massa. Dal 2006 i fumatori sono arrivati a meno del 20%, i sedentari assoluti di qualche punto per arrivare al 38% circa. Nel periodo 2005-2015 è cresciuta dal 64,9% all’84% la quota di donne di 25-69 anni che hanno fatto il pap test, dal 58,6% all’86,4% la quota di donne di 45 anni e oltre che hanno fatto la mammografia.
Inversione di tendenza per le la vaccinazione, con la riduzione l’incremento delle coperture vaccinali. Tra gli adulti la copertura antinfluenzale passa dal 19,6% del 2009-2010 al 15,1% del 2016-2017, tra i bambini l’antipolio passa dal 96,6% del 2000 al 93,3% del 2016, quella per l’epatite B scende dal 94,1% al 93%. Si assiste, in questo senso ad una polarizzazione delle opinioni dei cittadini su valore, efficacia e sicurezza delle vaccinazioni. Il 36,2% è favorevole solo alle vaccinazioni coperte dal Servizio sanitario nazionale, il 31,2% si fida sempre e comunque delle vaccinazioni, il 28,6% è dubbioso e decide di rivolgersi al medico.
Insicurezza e disparità, difficili sfide per la sanità italiana
Sempre in campo sanitario, con una spesa sanitari in costante aumento, è sempre più presente il ricorso al privato in contrapposizione al pubblico. Questo soprattutto per la lunghezza delle liste di attesa nel settore pubblico. Nel 2014-2017 si rilevano +60 giorni di attesa per una mammografia, +8 giorni per visite cardiologiche, +6 giorni per una colonscopia e stesso incremento per una risonanza magnetica. Un’altro problema sono gli squilibri dell’offerta sul territorio, con il 64% dei cittadini è soddisfatto del servizio sanitario della propria regione, quota che cala però al 46,6% nel Sud. Durante l’ultimo anno il servizio sanitario della propria regione è peggiorato secondo il 30,5% degli italiani, quota che sale nel Sud al 38,1% e al Centro al 32,6%.
Infine s’intensifica e si diffonde la povertà, soprattutto, tra le famiglie con minori e le famiglie straniere, e l’allungamento dell’età pensionabile, con redditi più bassi e uscite dal lavoro ritardate, rappresentano un rischio povertà per i pensionati del futuro ed un problema sociale ed economico da non sottovalutare nel suo impatto sul lungo termine.