I risultati di una ricerca del ministero della Sanità: la fibrillazione atriale è una patologia diffusa nella popolazione anziana. Rischio ictus e prevenzione ancora parziale
La fibrillazione atriale, un rischio troppo spesso silente e sottovalutato. Queste le principali evidenze dell’indagine epidemiologica “Fai, Fibrillazione Atriale in Italia“, realizzata con un finanziamento del Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle Malattie (Ccm) del Ministero della salute, promossa dal dipartimento Neurofarba dell’Università degli Studi di Firenze coordinata dalla Regione Toscana e realizzata in collaborazione con il l’Istituto di Neuroscienze del Cnr.
Fibrillazione atriale, ne soffre un over 65 italiano su 12: 1 milione e centomila i pazienti affetti da questa patologia cardiaca. Maggiore l’incidenza nella popolazione maschile
Secondo l’indagine, che ha coinvolto un campione di 6 mila individui equamente suddivisi in 3 aree del nord, centro e sud d’Italia, in base ai modelli matematici la fibrillazione atriale interesserebbe oltre un milione di over 65, almeno 1 anziano su 12.
“Il progetto Fai ha permesso di stimare per la prima volta nel nostro Paese – sottolinea il professor Domenico Inzicari, del dipartimento Neurofarba dell’Università di Firenze e responsabile scientifico del progetto – la frequenza della fibrillazione atriale in un campione rappresentativo della popolazione anziana italiana. I tassi di prevalenza riscontrati indicano una frequenza elevata di aritmia negli anziani in Italia, che risulta, tuttavia, in linea con le stime più recenti attualmente disponibili nei Paesi Occidentali, ed indica che ne l nostro Paese, nella popolazione anziana, i pazienti affetti da fibrillazione atriale sono almeno 1 milione e 100 mila“.
I risultati dello studio indicano un incidenza più alta della fibrillazione atriale, oltre il 7%, tra gli over 65, con una maggiore incidenza nella popolazione maschile. Ovvero, circa un anziano su 12 soffre di questa patologia.
Una fotografia della salute del cuore degli italiani dal nord al sud del Paese
Quello raccolto dall’indagine è un dato rappresentativo dell’intera popolazione, se si considera i campioni nel nord, nell’area di Bergamo, al centro, nell’area di Firenze, e a sud, nell’area di Vibo Valentia, hanno coinvolto 2000 pazienti per ciascun territorio, ed ognuno di questi ha caratteristiche socio-demografiche molto differenti.
Tutti pazienti sono stati sottoposti ad un doppio screening, domiciliare e ambulatoriale, seguito da una diagnosi di conferma con elettrocardiogramma (Ecg) eseguito presso lo studio del medico di famiglia. Tutti gli Ecg sono infine stati validati dal team cardiologi dell’Unità di coordinamento di Firenze.
L’indagine, ha inoltre raccolto tutti i dati relativi alle diagnosi, alle terapie in corso e alle motivazioni di quelle non applicate.
Si è creata e validata in questo modo una metodologia di screening e di conferma diagnostica della fibrillazione atriale trasferibile al Servizio sanitario e al medico di famiglia che, in termini di prevenzione, se applicata consentirebbe di ridurre considerevolmente i costi sanitari e sociali di questa malattia.
Fibrillazione atriale e ictus cerebrale, la copertura terapeutica migliora parzialmente. Risparmi per la sanità e le famiglie con cure più adeguate
I risultati hanno confermato che la fibrillazione atriale aumenta in maniera significativa il rischio di ictus cerebrale, che può però essere ridotto con una tempestiva terapia anticoagulante.
Oggi circa il 70 % dei pazienti affetti da fibrillazione atriale riceve una terapia adeguata ed è in aumento il numero di persone che utilizzano farmaci di nuova generazione, che comportano meno controindicazioni e sono meglio tollerati.
Rimane però un 30 % di pazienti che non sono sottoposti ad adeguate terapie, certe volte per motivi clinici validi, altre per la sottovalutazione del problema o per scarsa collaborazione degli interessati.
Il costo annuo della fibrillazione atriale per il Ssn è di circa 156 milioni di euro, che potrebbe essere notevolmente ridotto con la prevenzione e una maggiore aderenza alle linee guida terapeutiche.
Un approccio che inciderebbe considerevolmente anche sui costi dell’ictus cerebrale, stimati in almeno 1 miliardo di euro l’anno per il servizio sanitario e, indirettamente, in un altro miliardo per le famiglie.