di Maria Antonietta Mastrangelo
I Muxe: definiti il terzo genere; originari dei territori del Messico meridionale, si collocano tra il genere maschile e quello femminile, concentrando in sé i tratti e i ruoli dell’uno e dell’altro genere, pur tuttavia preservando la loro unicità.
All’interno della cultura degli Zapotechi di Oaxaca, nel Messico meridionale, un muxe è una persona alla quale è stato assegnato a livello individuale il genere sessuale maschile, ma che si veste e si comporta in modalità altrimenti associate al genere femminile; essi sono considerati un terzo genere.
Alcuni muxe decidono di sposarsi con delle donne per poter avere dei figli, mentre altri scelgono d’intrecciare relazioni sentimentali con partner maschili.
Secondo la studiosa di antropologia Lynn Stephenil “muxe” può svolgere un certo tipo di lavoro destinato alle donne come il ricamo o la decorazione degli altari casalinghi, altri invece, compiono il lavoro maschile della produzione di gioielli.
La parola “muxe” si pensa possa derivare dalla parola in lingua spagnola che sta per”donna”, mujer;nel XVI secolo la lettera X aveva un suono del tutto simile a “sh”.
In contrasto con la cultura di maggioranza meticcia del Messico, nella regione della Tehuantepec nello stato di Oaxaca vive una popolazione prevalentemente zapoteca, ed è ampiamente riportato che, c’è meno ostilità verso i “muxe” in questo territorio, rispetto all’ostilità prevenuta che gli omosessuali, i maschi effeminati e le donne trans (MtF) devono affrontare in altre regioni del paese.
Uno studio stima che il 6% dei maschi presenti in una comunità dell’istmo zapoteco nei primi anni del 1970 erano “muxe”.
Altre comunità zapoteche hanno simili ruoli di “terzo genere”, come la biza’ah della valle di Teotitlán.
I “Muxe” possono essere “vestidas”(ossia indossano abiti femminili) o “pintadas”(che indossano generalmente abiti maschili e fanno utilizzo di make-up).
È stato suggerito che, mentre il sistema a tre generi precede la colonizzazione spagnola, il fenomeno di vestire i “muxe” come le donne è piuttosto recente, ovvero a partire dal 1950e guadagnando con il passare del tempo popolarità fino a quasi tutte le giovani generazioni, le quali al giorno d’oggi sono “muxe vestidas”.
All’interno della cultura zapoteca contemporanea i rapporti stabiliti variano a seconda dello status sociale.
I “Muxe” presenti nelle comunità di villaggi periferici difficilmente incappano in episodi di denigrazione e in manifestazioni di discriminazione sociale ed anzi vengono assai rispettati, mentre nelle grandi città, più occidentalizzate possono scontrarsi con atteggiamenti discriminatori, nella fattispecie ad opera di uomini, questo a causa degli atteggiamenti omofobici introdotti dal cattolicesimo romano.
Questo genere alternativo, solitamente appartiene alle classi più povere della società. La varianza sessuale e il desiderio nei confronti delle persone dello stesso sesso nelle comunità più ricche della regione, sono aspetti caratteristici di una tassonomia più occidentale rappresentata da gay, bisessuali e transgender.
In realtà però questa tipologia di persone non si classifica come tali, piuttosto si percepisce come genere a sé stante, con la possibilità inoltre, di poter scegliere come “gestire” ilproprio ruolo nella società, a seconda dei giorni o del periodo in cui ci si “sente” più uomo o “muxe”.
Tali individui hanno anche maggiori probabilità di rimanere “velati” e non arrivare al coming out.
Questo vale più per le donne cisgender molte delle quali ora, hanno un lavoro tra i colletti bianchi o sono coinvolti in politica.
Nella cultura zapoteca i “muxe” sono tradizionalmente considerati portatori di buona fortuna,tanto è vero che molte donne della regione di Oaxacama anche dello Juchitan affermano con fierezza che, già dal momento del parto sono in grado di riconoscere se il figlio che sta per venire alla luce sarà “muxe”.
Questa certezza è confutata da una semplice e naturale sensazione, ossia il non provare dolore al momento del parto.
Infatti molte mamme le quali ritengono che i loro figli maschi siano “muxe”, testimoniano di non aver provato dolore al momento del parto, cosa che avviene invece (sempre secondouna loro convinzione precostituita)dando alla luce un figlio maschio.
Ovviamente tale complesso meccanismo intriso di credenze miste a usanze e tradizioni locali, alimenta costantemente l’aumento di persone muxe; un aspetto controverso, che se per certi versi, viene considerato certamente di buon auspicio per la famiglia che lo “riceve”, d’altro canto può determinare a lungo termine, problematiche di natura familiare (soprattutto nel rapporto intercorso con la figura genitoriale maschile), finanche problemi di natura sociale ed economica, per quanto attiene la loro collocazione nel mercato lavorativo.
In un articolo pubblicato nel 1995 l’antropologa Beverly Chiñasspiega che nella cultura zapoteca, “l’idea di scegliere il sesso o l’orientamento sessuale è ridicola quanto suggerire che uno possa scegliere il proprio colore della pelle”.
Questo accade perché la maggior parte delle persone che tradizionalmente vedono il loro genere come qualcosa che Dio ha dato loro (sia uomo, donna, o “muxe”) fa sì che solamente pochi “muxe” desiderino accedere alla chirurgia genitale.
Questi individui normalmente, non soffrono di disforia di genere, perché la transfobia è un atteggiamento raro nella loro cultura;infatti come sopra descritto, le persone sono generalmente accettate per come sono e solitamente, hanno il loro genere riconosciuto attraverso i vestiti che portano.
Oltre a ciò altro aspetto da considerare è che nei loro territori geografici, la loro cultura di riferimento, accettando l’esistenza di un terzo genere dunque di un ruolo sociale fluido, non esercita pressione ad “inserirsi” nella cultura dominante, come invece avviene nelle società occidentali.
Lynn Stephen scrive inoltre che: “gli uomini muxe non sono indicati come “omosessuali”, ma costituiscono una categoria a parte in base agli attributi di genere.
La gente li percepisce come aventi i corpi fisici di uomini, ma una diversa estetica, un lavoro e delle competenze sociali a parte rispetto a quelle che la maggior parte degli uomini possono avere.Essi mantengono alcuni attributi delle donne combinati con quelli degli uomini”.
Altro elemento significativo riguarda il loro vissuto sentimentale, a tal proposito emerge che se essi decidono di scegliere uomini come partner sessuali, quegli uomini (noti come mayate) non necessariamente vengono considerati omosessuali.
Inoltre da considerare anche l’aspetto concerne l’eventuale appartenenza ad un movimento.
Infatti essi non appartengono al movimento trans americano né alla comunità LGBT mondiale.Una “muxe” indossa abiti tradizionali, la sua sessualità fa parte della sua cultura specifica e si sente desiderata ma anche accettata dalla società che vive. Assume i tradizionali ruoli femminili all’interno della famiglia e della società, ha un ruolo economico che ha aiutato la libertà sociale.
Nella regione di Oaxaca, i “muxe” sono presenti ufficialmente dai primi anni ’50, ma le loro tracce si trovano anche nel passato indigeno precolombiano.
La storia dunque ne testimonia la loro esistenza già in antichità; in tal caso ci troviamo di fronte ad un vero e proprio fattore culturale, una tradizione secolare che fa parte del passato, del presente e del futuro di questi territori geografici dell’America centrale.
Si tratta di un dualismo che ha intrigato gli antropologi che studiano le “muxe” sin dagli anni ’80 e che non sono state associate né ai gay, né tanto meno ai trans gender, sono piuttosto considerate le pioniere del terzo genere e della fluidità sessuale.
Integrazione sociale di un muxe nella cultura latino-americana e occidentale
Oaxaca è nota anche per la cultura della “fiesta”e i Juchitecos sono famosi per essere bravi ospiti.
In questi momenti di festa sparisce la linea che divide le donne biologiche dai “muxe” e qualsiasi discriminazione.
Così i “muxe” sono benvenute nelle feste dei pescatori, ma hanno accesso limitato agli altri eventi cittadini, se si vestono da donne.
Per loro ci sono bagni dedicati, perché le altre donne della comunità temono flirtino coi loro mariti.
Molte “muxe” poi scelgono di vivere ogni giorno da donne, altre sono donne a seconda della giornata, per sottolineare la loro identità fluttuante.
Ma come in precedenza accennato, in alcune regioni del Messico vengono emarginate, un fenomeno che non avviene nel territorio dello Juchitán, dove al contrario, sono parte integrante della società e lavorano come insegnanti, infermiere, organizzatrici di eventi.
Un vero esempio di integrazione sociale a 360°, dove la ghettizzazione, l’emarginazione e la discriminazione sociale sono fenomeni raramente presenti.Esiste piuttosto una pacifica convivenza ed accettazione dell’esistenza di ogni possibile figura sociale e ruolo svolto all’interno della società.
Le famiglie come sopra descritto, le accettano, le incoraggiano, addirittura le considerano una benedizione, soprattutto se nei nuclei mancano figlie femmine.
“Per essere “muxe” devi essere nata in un luogo zapoteca” spiega Cony Canseco, a capo del dipartimento per la diversità sessuale di Juchitán. Il clan di “muxe” più famoso è chiamato “Le autentiche e intrepide cercatrici di pericolo”.
Lo spirito di ribellione, sovversione e autonomia, permea questa zona matriarcale, dove le donne sono forti, dominano e ribaltano lo stereotipo machista messicano.
Gli uomini lavorano come pescatori o agricoltori, le donne vendono i prodotti al mercato, hanno un ruolo economico che ha aiutato la libertà sociale.
Anche tra gli immigrati negli Stati Uniti ci sono dei “muxe”. Una testimonianza ne è Maritza Sanchez che si è trasferita nel 1988 da Oaxaca in California a Los Angelese e ha scoperto la scena dei club gay.
Per questa “muxe” la trasformazione era quanto cercava. Ella si considerava una “muxe” perché viveva da donna, con un uomo eterosessuale e tale aspetto la faceva sentire completa e in pace con sé stessa.
Purtroppo in una società occidentale alcuni aspetti non possono essere esternati a causa delle convenzioni sociali, per cui ad esempio se si lavora in un ristorante come cameriere, essendo a livello di genere un uomo, il “muxe” dovrà indossare abiti maschili. Questo è quanto è avvenuto nel caso di Maritza.
A Los Angeles inoltre ella veniva etichettata come “drag queen” o travestito,ma in realtà si tratta di una percezione e di una convinzione, dettata dagli stereotipi culturali errati.
Infatti una persona considerata come “travestito” è un uomo che si veste da donna, una “muxe” invece indossa abiti tradizionali,la sua sessualità fa parte della sua cultura e si sente desiderata.
Non appartiene a nessun’altra categoria. Un altro esempio è quello di Shaula Zoe la quale aiuta ad organizzare il concorso di reginetta “muxe”a Santo Domingo Tehuantepec, evento per l’annuale “Sol en Luna vela”.
Qui la “muxe” più bella sfila per le strade lanciando regali.Come le altre, Shaula va dallo stilista gay Cheché, per prepararsi all’occasione.
Shaula afferma che le piace trasformarsi e diventare l’illusione che ella ha di sé stessa.
E’ vero che biologicamente i “muxe” sono uomini, ma il loro meccanismo di pensiero è tutto al femminile. Così accade che anche essi come le donne, s’innamorano con la testa, eternamente alla ricerca del vero amore, che purtroppo raramente arriva in quanto le loro relazioni sono a “scadenza” per così dire.
Questo accade perché alla fine, gli uomini scelgono quasi sempre donne biologiche. La solitudine insomma, è un tema costante della loro vita.
Gli uomini etero che frequentano i “muxe” vengono chiamati “mayates,” “stercorari”, un termine denigratorio ma che non sempre implica transizione di denaro. Hanno bisogno di soddisfare bisogni che non possono soddisfare con le mogli o le fidanzate. Molti ragazzi giovani si prostituiscono con i “muxe” per fare soldi facili, e molti padri portano i figli a fare la prima esperienza sessuale con il terzo genere. La connotazione della parola “gay”, nel resto del Messico, è basata sulla preferenza sessuale.
A Juchitán non è così, si tratta invece di un vero e proprio ruolo sociale. Sono una minoranza statistica, non sociale. Probabilmente la nuova generazione avvierà un cambiamento e si trasformerà attraverso interventi chirurgici, o diventerà, a causa dell’immigrazione, un sottogruppo della comunità LGBT mondiale, ma parte di essa, già fierissima del suo stato, non si adatterà agli schemi stranieri.
La mercificazione del sesso, lo sfruttamento a fini sessuali, le vittime di violenza sessuale e tratta rappresentano altri lati oscuri del fenomeno migratorio, di cui forse e almeno in questo specifico caso, non rientra la figura sociale del “muxe”,grazie alla loro fierezza, alla dichiarazione del loro essere genere fluido, senza compromessi e mezzi termini.
Motivo per cui un “muxe” quando decide di emigrare e lasciare la propria patria, lo fa consapevole che, pur ritrovandosi all’interno di una cultura occidentale, intrisa ancora e purtroppo, di convinzioni e preconcetti instillati da una cultura di stampo cattolica, potrà comunque inserirsi proprio grazie alla sua fluidità.
Il suo essere uomo e donna quando e come ritiene più opportuno, a seconda delle sue esigenze gli consentirà di non sottostare alle convenzioni sociali che, ad ogni cosa o persona che sia, fornisce una catalogazione, o classificazione all’interno di gruppi, di classi, inscatolati come prodotti della società di cui noi tutti facciamo parte, creati, venduti o svenduti a modici prezzi, secondo le leggi di mercato.