La Locanda dei Girasoli è un’ oasi felice in cui dei ragazzi down vivono, lavorano e cercano di trovare la cosa più naturale del mondo: la normalità. Lanciamo un appello per una raccolta fondi per evitare la chiusura di questo progetto di rivoluzionaria inclusione.
Dal 1999 su Via Tuscolana c’è un posto dove tra mille difficoltà dei genitori hanno voluto combattere per regalare un futuro diverso ai loro figli, si tratta de “La Locanda dei Girasoli”. Progetto rivoluzionario di inclusione portato avanti con tenacia con ragazzi down che lavorano, servono ai tavoli, cucinano e regalano sorrisi ai loro ospiti. Esattamente come un normale ristorante. Di normale però non c’è nulla, perché non tutti avrebbero avuto il coraggio di questi genitori.
Più volte sono stato a La Locanda dei Girasoli trovando un ambiente davvero bello, un esempio dell’Italia bella che non si arrende alla lenta e inesorabile omologazione del “meglio andare dove costa meno” perché questi ragazzi sono anche molto bravi. “La Locanda dei Girasoli” non è un locale, ma è la vita di coloro che ci lavorano. Questi ragazzi hanno il loro microcosmo tra quelle quattro mura e adesso a causa di quella dura legge che sentiamo sempre in televisione chiamata “economia” rischiano di perderlo.
Un progetto del genere oltre che ad inevitabili energie fisiche, ha anche delle inevitabile spese economiche molto importanti come spiegano gli stessi proprietari:
“Abbiamo bisogno di riempire il locale non solo il venerdì e il sabato. Purtroppo le spese per un progetto così ambizioso sono tante e non riusciamo più a sostenerle abbiamo bisogno di riempire il locale e di fondi .. brutto a dirlo ma è la verità…è quello di cui abbiamo bisogno per non chiudere”
Nel corso degli anni sono stati tanti i cosiddetti VIP ha dare una mano a “La Locanda dei Girasoli”, a partire da Francesco Totti fino ad arrivare a Paolo Ruffini. Ma questo non basta più. Probabilmente non basterà più neppure se tutti coloro che apprezzano questo grande progetto donino qualcosa. C’è bisogno di un aiuto dagli altri, perché in tanti dicono che prima devono esserci gli italiani e le loro aziende. (Fonte)