Se la legge di gara prevede una clausola sociale stringente che impone il rispetto delle condizioni contrattuali previste da un determinato Contratto Collettivo (e che non è stata impugnata nel corso del giudizio) è illegittimo che un’impresa possa giustificare la propria offerta facendo riferimento ad un differente CCNL.
Lo chiarisce il Consiglio di Stato che ha confermato la sentenza emessa in primo grado dal Tar Liguria su un particolare caso che ha riguardato la corretta interpretazione della clausola sociale.
La giurisprudenza amministrativa si è attestata nell’affermare che gli atti di gara non possano imporre agli operatori economici di applicare un determinato Contratto Collettivo, pena la violazione dei principi di derivazione euro-unitaria che tutelano la libertà di impresa e la concorrenza (ex multis: Consiglio di Stato, Sez. V 05 ottobre 2016, n. 4109); in tale quadro, la pronuncia in esame, pur non discostandosi dall’orientamento ora descritto, pone l’accento su un profilo davvero interessante.
La vicenda prende spunto da una procedura di gara la cui aggiudicazione era stata impugnata innanzi il Tar ligure poiché l’aggiudicataria, nel corso della verifica di congruità, aveva giustificato il proprio costo della manodopera mediante i parametri del CCNL Multiservizi in luogo del CCNL Metalmeccanici applicato dal gestore uscente. La lex specialis, infatti, prevedeva una clausola sociale che onerava tutti i concorrenti al pieno rispetto dei parametri del CCNL Metalmeccanici.
La tesi dell’impresa ricorrente (giunta seconda all’esito della procedura) era quella per cui l’aggiudicataria meritava l’esclusione per l’omesso rispetto della norma di gara e per il fatto di non aver garantito i diritti dei lavoratori che la stazione appaltante aveva inteso tutelare con l’inserimento dell’obbligo in parola. Il ricorso è stato accolto sulla base del fatto che nel corso del giudizio la clausola sociale non era stata oggetto di contestazione alcuna, con ciò rimanendo quindi escluso al Giudice ogni tipo di sindacato sulla sua legittimità.
La peculiarità della questione attiene dunque a tale profilo prettamente processuale, posto che il Consiglio di Stato, nel confermare la sentenza di primo grado, ha ribadito che in assenza di una formale impugnazione della clausola sociale che si ritiene essere illegittima, quest’ultima sarà pienamente efficace e dovrà essere rispettata da tutti i concorrenti in gara.
Interessante è anche la puntualizzazione che i Giudici della V Sezione del Consiglio Stato compiono in merito alla similitudine che il caso esaminato nella odierna sentenza ha con un altro precedente della stessa Sezione (Consiglio di Stato, Sez. V, 17 gennaio 2018, n. 272) nel quale si era ritenuto non necessario procedere con la preliminare impugnazione della clausola sociale.
Secondo i Giudici di Palazzo Spada la differenza tra le due fattispecie risiede nella chiarezza delle clausole sociali stesse per come esplicitate negli atti di gara.
Mentre nel caso della precedente sentenza la clausola ben poteva essere interpretata alla luce dei principi nazionali ed europei che tutelano la libertà di impresa (in quanto il dettato della stessa si prestava a più interpretazioni), nel caso in esame la lettura della legge di gara non lasciava adito a dubbi, onerando espressamente i concorrenti al pieno rispetto del CCNL Metalmeccanici.
Altro aspetto da evidenziare è il fatto che la sentenza non abbia ritenuto plausibile nemmeno un rispetto “sostanziale” dei parametri del CCNL richiesto dalla legge di gara.
Infatti, innanzi alla tesi dell’impresa aggiudicataria di riuscire in ogni caso a rispettare tutti i livelli previsti dal CCNL Metalmeccanici (pur applicando il differente CCNL Multiservizi) i Giudici del Consiglio di Stato hanno rilevato come tale operazione condurrebbe inevitabilmente alla palese anomalia dell’offerta, posto che il rispetto del CCNL previsto dalla stazione appaltante (più oneroso di quello applicato dal concorrente) avrebbe di sicuro comportato una palese incongruità dell’offerta stessa. (fonte)