di Antonietta Mastrangelo
Cosa accade alle persone con disabilità quando muoiono i loro genitori, o le persone che se ne prendevano cura?
Questa la domanda cruciale alla base del Dopo di Noi, un tema che negli ultimi decenni ha portato alla luce difficoltà e preoccupazioni di milioni di persone disabili e delle loro famiglie.
Molti passi avanti sono stati fatti, tra i quali la legge 112 del 2016, punto di arrivo di molte battaglie e punto di partenza per nuovi progetti. Si tratta però di un’opportunità che rischia di andare persa nella mancanza di adeguata informazione verso i cittadini e nell’impreparazione di alcune regioni ed enti locali, che devono attrezzarsi per mettere in atto le misure previste dalla legge.
Durante noi, dopo di noi: dal posto letto al progetto di vita
Del tema sul “Dopo di Noi” in Italia si parla almeno dal 1984, quando un gruppo di famiglie appartenenti all’Anffas coniarono l’espressione e fondarono la Fondazione Nazionale Dopo di Noi Anffas Onlus.
Da allora si è verificato un lento ma costante cambiamento di prospettiva, in senso culturale prima ancora che normativo. I punti di arrivo fondamentali di questo cambiamento sono principalmente tre:
Il dopo di noi inizia durante noi, vale a dire che il percorso delle persone con disabilità deve puntare alla maggiore autonomia possibile fin da subito, quando i familiari sono ancora in vita.
Questo permette un passaggio più naturale, per quanto possa esserlo la morte dei propri cari, ed evita alla persona di essere sradicata dal tessuto sociale nel quale ha sempre vissuto per essere spostata in una struttura residenziale.
Dopo di noi non significa quindi soltanto assicurare alla persona un posto letto in una struttura residenziale.
A tal proposito per anni si sono costruite residenze per disabili, spesso capaci di accogliere moltissime persone, ma asettiche e spersonalizzanti.
Un approccio simile può forse dare una risposta valida a livello sanitario, ma comporta molte rinunce e privazioni, oltre a sollevare enormi problemi dovuti alla istituzionalizzazione.
Le persone con disabilità possono e devono scegliere per sé.
Esse non sono destinatarie passive di servizi socio-assistenziali, ai quali dovrebbero soltanto adattarsi. Partendo da un progetto individuale di vita, ogni persona deve essere protagonista di ogni scelta che la riguarda.
Su scala globale, questo lento processo di cambiamento ha ispirato ed è a sua volta alimentato dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, stipulata a New York nel 2006.
La Convenzione impone agli stati firmatari di considerare le persone con disabilità non soltanto per le limitazioni che hanno (modello sanitario) o per la relazione che si crea tra le loro limitazioni e l’ambiente (modello bio-psico-sociale), ma soprattutto per il loro essere persone, con il diritto intrinseco ad avere un proprio percorso di vita da poter sviluppare con le stesse libertà di scelta delle altre persone.
Quante persone riguarda il Dopo di Noi in Italia
In base ai dati emessi dall’ Istat, nella sua Nota sulla legge “Dopo di Noi”, si riporta che le persone disabili in Italia sono circa 3,2 milioni, di cui 2 milioni e 500 mila anziani.
Nella maggioranza dei casi (55,5%, pari a 1 milione e 800 mila individui) le persone cumulano più tipi di limitazioni funzionali e vengono considerate disabili gravi.
Per quanto concerne l’assistenza e gli aiuti ricevuti, si legge nella Nota che circa la metà dei disabili gravi con meno di 65 anni (in totale circa 540 mila) non riceve aiuti dai servizi pubblici, non si avvale di servizi a pagamento, né può contare sull’aiuto di familiari non conviventi. Il carico dell’assistenza grava dunque completamente sui familiari conviventi (caregiver).
Per quanto riguarda invece le circa 52 mila persone che vivono sole (sempre con meno di 65 anni), il 23% di esse usufruisce dell’assistenza erogata da servizi pubblici (sanitaria o socio-sanitaria) mentre il 15,5% paga l’assistenza a domicilio (non sanitaria per le attività di cura della persona).
In caso di necessità, il 54% ricorre solo all’aiuto di familiari non conviventi (28 mila persone), mentre una quota del 19% non può contare su alcun aiuto. In tal caso si tratta di circa 10 mila persone con disabilità grave per le quali il “dopo di noi” è già iniziato e si trovano in condizioni particolarmente critiche.
La situazione di queste persone sarebbe forse diversa se avessero per tempo (durante noi) iniziato un percorso di autonomia, partendo dai bisogni e dalle aspirazioni personali e contribuendo ad elaborare un progetto individuale di vita.
In questo quadro si inserisce la Legge 112/2016, che consente di far fronte a simili situazioni. Sempre secondo la nota dell’Istat, infatti, sarebbero circa 127 mila i potenziali destinatari della legge 112/2016.
Sulla base dei calcoli effettuati, inoltre, emerge che circa due terzi delle persone con disabilità grave potrebbe sopravvivere a tutti i familiari (genitori e fratelli); si può quindi stimare che nell’arco dei prossimi cinque anni (la Nota è del 31 maggio 2017) circa 12.600 perderanno tutti i familiari.
La Legge sul Dopo di Noi e a chi si rivolge
Il vero nome della legge sul Dopo di noi, approvata il 16 giugno 2016, è “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno famigliare”.
La legge si inserisce in un quadro normativo già avviato e ha introdotto specifiche tutele per le persone con gravi disabilità quando viene meno il sostegno familiare e si rivolge a persone con disabilità grave “non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare […] nonché in vista del venir meno del sostegno familiare, attraverso la progressiva presa in carico della persona interessata già durante l’esistenza in vita dei genitori”.
Quest’ultimo è un passaggio decisivo, che introduce finanziamenti e agevolazioni per consentire di intraprendere un progetto di vita “durante noi”.
Cosa prevede la Legge sul Dopo di Noi
Per semplificare, possiamo dividere la legge in due parti: la prima riguarda le misure dirette a supportare il percorso di vita delle persone con disabilità; la seconda prevede agevolazioni fiscali per polizze assicurative e per trust, vincoli di destinazione e fondi speciali.
Entriamo nel merito: il Decreto attuativo del 23.11.2016 ha declinato le 4 aree di intervento previste dalla legge 112/2016 in 5 misure:
· Percorsi di accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiaree per la deistituzionalizzazione ossia vivere fuori dalla famiglia, o dalla Residenza Sanitaria.
· Interventi di supporto alla domiciliarità,equivale a ricevere aiuto nella propria casa.
· Programmi di accrescimento alla consapevolezza, di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile, realizzare l’obiettivo di imparare ad essere protagonisti attivi del proprio progetto: decidere cosa si vuol fare nella vita, dove e con chi si vuole vivere, di quali aiuti si ha bisogno. Acquisire nuove abilità e autonomie, anche attraverso tirocini finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia e alla riabilitazione.
· Realizzazione di innovative soluzioni alloggiative mediante il possibile pagamento degli oneri di acquisto, di locazione, di ristrutturazione e di messa in opera degli impianti e delle attrezzature necessari per il funzionamento degli alloggi stessi,anche sostenendo forme di mutuo aiuto tra persone con disabilità, vale a dire costruire, ristrutturare, adeguare una casa ai propri bisogni. Ogni alloggio non potrà ospitare più di 5 persone.
· In via residuale, interventi di permanenza temporanea in una soluzione abitativa extra-familiare,ossia entrare in una struttura sanitaria in via temporanea, solo per far fronte a soluzioni di emergenza.
Come si accede alla Legge sul Dopo di Noi
Il primo passaggio per accedere alle misure della 112/2016 è la presentazione della richiesta di un Progetto Individuale, rivolgendosi al Comune di residenza.
Il progetto parte dai bisogni, le aspettative e i desideri dalla persona con disabilità e serve a stabilire di quali sostegni ha bisogno.
Il secondo passaggio invece consiste in una valutazione multidimensionale, utile a stabilire l’intensità dei sostegni e per orientare il percorso,e la costruzione di un progetto individuale con relativo budget.
Si potrà inoltre presentare un’idea progettuale di tipo comunitario (progetti di co-housing), che ha come beneficiari più persone con disabilità insieme. Successivamente saranno attivate le misure. L’andamento dei progetti sarà periodicamente monitorato e valutato, anche nell’ottica di un loro mantenimento nel tempo.
Per facilitare la comprensione e l’accesso alla legge, Anffas ha pubblicato delle linee guida chiare ed esaustive. Oltre a riportare il testo integrale della Legge e del decreto attuativo, il tutto è spiegato nel dettaglio in 95 domande e risposte.
A che punto siamo con la Legge sul Dopo di Noi
Le regioni in tale contesto hanno il compito di rendere operativa la legge, adottando indirizzi di programmazione ed emanando i bandi.
A un anno e mezzo dall’entrata in vigore della legge, Anffas ha fatto il punto della situazione e ha rilevato che solo in cinque regioni d’Italia la legge sul Dopo di Noi è pienamente operativa: Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Toscana, Marche e Molise.Questo perché, ad eccezione delle 5 citate, le regioni non hanno concluso l’iter necessario e non hanno ancora emanato i bandi.
All’elenco delle persone che non hanno potuto accedere alle misure previste dalla Legge 112/2016 per la mancata emanazione dei bandi, vanno aggiunte quelle che sono ancora all’oscuro di ciò a cui hanno diritto: malgrado il Testo lo prevedesse, non sono state avviate sufficienti campagne di informazione verso i cittadini.
Dalla prima Relazione al Parlamento (biennio 2016-17) sull’attuazione della Legge 112/2016, emerge che le tipologie di intervento su cui maggiormente si è concentrata la programmazione regionale sono, da un lato, quelle degli interventi di natura infrastrutturale, ossia di realizzazione e/o di messa a disposizione degli alloggi dalle caratteristiche previste dalla norma e dall’altro, il finanziamento dei percorsi programmati di ingresso negli alloggi, nonché di supporto alla domiciliarità una volta entrati negli stessi. La tendenza sembra però in linea con i principi fondanti della Legge, che mette in primo piano il Progetto di Vita della persona rispetto alle infrastrutture.Fra l’annualità 2016 e quella relativa al 2017, infatti, si sono ridotti sensibilmente gli interventi infrastrutturali ed è cresciuto il supporto alla domiciliarità, secondo un percorso lineare che prevede nella prima annualità la realizzazione degli alloggi e, già dal secondo anno, gli interventi che ne permettano la gestione.
Cosa c’era prima della Legge sul Dopo di Noi
Le leggi italiane hanno iniziato a occuparsi di disabilità fin dal 1968, studiando i diversi aspetti dell’argomento, fino ad arrivare allaformulazione della Legge 104 del 1992,denominata “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.
È a quest’ultima che la Legge 112/2016 attinge, per quanto riguarda la nozione di “disabile grave” e le relative modalità di accertamento.
Altre leggi di riferimento sono la n. 68 del 1999, definita “Norme per il diritto al lavoro dei disabili” e la n.328 del 2000, definita “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”,alla quale la 112/2016 fa riferimento per quanto attiene i progetti individuali per le persone con disabilità.
Altrettanto importante nella realizzazione della legge sul Dopo di noi è la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009,che stabilisce principi riguardanti la vita indipendente e l’inclusione nella società.
La Legge 112/2016 si inserisce in un contesto giuridico complesso ed avviato, dunque, al quale fa riferimento in modo complementare. La legge in questione inoltre prevede che chi già usufruisce di sussidi e agevolazioni derivanti da altre norme, non li perderà accedendo alle misure del Dopo di noi.
Autonomia e autodeterminazione in Europa
Il “Dopo di noi” affronta il tema cruciale dell’autonomia e dell’autodeterminazione delle persone con disabilità, poiché un maggiore grado di autosufficienza favorisce un percorso indipendente dalla famiglia, oltre a mettere al riparo dai rischi dell’istituzionalizzazione.
Sebbene in Europa non vi siano altre leggi che riportino la stessa etichetta, molti Stati hanno avviato percorsi similari volti a favorire l’autodeterminazione,a partire dalla ratifica della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
Nel 2010 la stessa UE, intesa come persona giuridica, ha adottato la Convenzione, impegnandosi così ad assicurare che tutte le leggi, le politiche e i programmi a livello UE siano conformi alle sue disposizioni.
Come si legge nella Strategia europea sulla disabilità 2010-2020, “in Europa vivono 80 milioni di persone con disabilità, che spesso non hanno la possibilità di partecipare pienamente alla vita sociale ed economica a causa di barriere comportamentali ed ambientali.Il tasso di povertà relativo alle persone con disabilità è superiore del 70% alla media, in parte a causa dell’accesso limitato all’occupazione”.
Naturalmente la situazione varia da paese a paese, anche se l’impatto della crisi economica si è fatto sentire in modo diffuso, colpendo anche gli stati più virtuosi con tagli e ridimensionamenti.
Lo European Social Network (ESN), nel suo rapporto del 2013 “Vita in autosufficienza: potere di scelta e controllo”, ha preso in considerazione il modo in cui i servizi sociali in Europa promuovono la facoltà di scelta e il controllo al fianco delle persone con disabilità. Secondo l’ESN, anche sul piano europeo si ripropongono due modelli contrastanti di assistenza per le persone con disabilità: quello “tradizionale”, basato su soggiorni di lungo periodo in strutture residenziali, e l’“assistenza di comunità basata sulla persona”.
Alcuni esempi di attuazione delle leggi sul “Dopo di Noi” in Europa
L’assistenza all’interno di una comunità basata sui bisogni della persona è la più auspicabile ed è il traguardo di un cambiamento già in corso. Il Rapporto mette a confronto la situazione di 6 Paesi europei dalle tradizioni di welfare molto diverse: Austria, Lettonia, Romania, Spagna, Svezia e Regno Unito. Ecco alcuni esempi positivi.
Il “dopo di noi” in Austria
In Austria prevalgono le forme tradizionali di fornitura dei servizi, nella cui progettazione le persone con disabilità sono raramente coinvolte.
Fa eccezione la città di Vienna, che ha introdotto un sistema di pagamento diretto mensile per i residenti con disabilità fisiche gravi di età compresa tra i 18 e i 65 anni e considera ogni utente un “esperto” nell’assistenza a sé stesso.
In tale contesto ciascuno di essi prepara un’autovalutazione, seguita da una valutazione congiunta con gli assistenti sociali.La somma corrisposta può arrivare a 8000 Euro al mese e la media, attualmente, è di 4600 Euro. Una valutazione esterna del servizio ha rilevato un impatto positivo in termini di salute, indipendenza e capacità di lavorare, permettendo il raggiungimento di obiettivi personali degli assistiti.
Il “dopo di noi” in Svezia
In Svezia l’approccio alla vita in autosufficienza è pienamente realizzato e offre agli utenti un’ampia scelta di servizi e il controllo sulla loro pianificazione.
In base alla Legge sui servizi sociali del 2001, gli uffici dei servizi sociali dei Comuni sono tenuti a coinvolgere gli assistiti nella progettazione e realizzazione dei piani dei servizi.Inoltre, la Legge sui sistemi di libera scelta (2008) trasferisce al singolo le decisioni in materia di fornitura di servizi sociali e sanitari.
Il Comune e l’Agenzia nazionale della previdenza sociale effettuano successivamente la valutazione delle necessità, per mezzo di un colloquio aperto con il richiedente, e determinano il numero di ore di assistenza a cui una persona ha diritto.
Il “dopo di noi” nel Regno Unito
Nel Regno Unito la Legge sul Servizio Sanitario Nazionale e l’Assistenza di Comunità permette alle persone con disabilità di vivere nelle proprie case, godendo allo stesso tempo dei servizi di assistenza.
La Legge sull’assistenza di comunità del 1996 ha introdotto infatti i pagamenti diretti per le persone con disabilità di età fra i 18 e i 65 anni, offrendo loro l’opportunità di usarli per assumere assistenti personali.
Esempi virtuosi a parte, il quadro generale europeo vede ancora sistemi di previdenza basati sulla compensazione delle carenze dell’assistito, piuttosto che sulla crescita e il miglioramento personale a partire da capacità e punti di forza.
Eccezion fatta per alcuni casi, il coinvolgimento degli assistiti e delle famiglie nella progettazione dei servizi è ancora un traguardo da raggiungere, anche se la Convenzione ONU ha dato una spinta positiva in questo senso.
La legislazione in molti paesi UE promuove la vita in autosufficienza, ma c’è un forte divario nell’attuazione, specie nelle aree rurali.Infatti in tali territori vi è una carenza di risorse, per cui non viene stimolato un mercato che permetterebbe agli utenti di scegliere tra vari fornitori o di assumere un assistente personale, che potrebbe aiutarli a prendere il controllo della propria vita.