Per quanto previsto dall’art. 2 D.Lgs. 112/2017 (revisione della disciplina in materia di impresa sociale), le imprese sociali sono chiamate a esercitare in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Ne parla la testata Ratio Quotidiana Accanto alle attività specificamente previste dal comma 1, la norma ritiene che il requisito dell’interesse generale, per quanto previsto dai successivi commi 4 e 5, risulti soddisfatto anche nel caso in cui l’attività d’impresa si ponga come obiettivo la creazione di nuova occupazione, in favore di lavoratori svantaggiati, in misura non inferiore al 30% dei lavoratori.
Sollecitato da una specifica richiesta di chiarimenti, il Ministero del Lavoro, nella nota 3.05.2019, n. 4097, ha avuto modo di fornire alcune spiegazioni che richiamano, in buona sostanza, le disposizioni già emanate in riferimento alle cooperative sociali di cui all’art. 1, c. 1, lett. b) L. 381/1991.
Ricordando il parere contenuto nell’interpello n. 17/2015, il Ministero evidenzia che la determinazione del 30% dei soggetti svantaggiati deve essere effettuata considerando i lavoratori “per teste” e non in base alle ore effettivamente svolte. Una diversa previsione, a parere del Ministero, sarebbe in contrasto con la ratio della disposizione, finalizzata alla creazione di opportunità lavorative per quei soggetti che, proprio a causa della relativa condizione di disagio, trovano difficoltà nella fase di inserimento nel mercato del lavoro, anche e soprattutto laddove venga richiesta una prestazione lavorativa a tempo pieno.
In relazione alla verifica del rispetto della percentuale richiesta, inoltre, il Ministero richiama una precedente posizione dell’Inps (circolare 17.06.1994, n. 188), che aveva affermato il principio in forza del quale le persone svantaggiate non devono concorrere alla determinazione del numero complessivo dei lavoratori cui ci si deve riferire per la determinazione dell’aliquota delle stesse. Operando in senso difforme, si genererebbe un’ingiustificata penalizzazione per tali figure e il conseguente venir meno delle finalità solidaristiche della legge.
Per effetto dei principi enunciati, la misurazione della percentuale prevista dall’art. 2, c. 5 D.Lgs. 112/2017 deve essere effettuata, in concreto, ponendo al numeratore del rapporto il numero dei soggetti svantaggiati occupati dall’impresa sociale e al denominatore del medesimo rapporto il solo numero dei lavoratori impiegati che non si trovino in situazione di svantaggio.
Nonostante la non perfetta sovrapposizione delle categorie di soggetti svantaggiati previste dalle rispettive norme di riferimento, ai fini che qui inte5ressano il Ministero ha quindi sostanzialmente omologato le imprese sociali alle cooperative sociali di inserimento lavorativo, ritenendo di estendere i criteri di computo dei lavoratori svantaggiati già utilizzati con riferimento alle cooperative sociali di cui alla citata L. 381/1991, al sistema delle imprese sociali, e garantire così, per ragioni di tipo sistematico, un’applicazione uniforme degli stessi criteri a entrambe le fattispecie.