Effetto Impresa Sociale: Intervista a Silvana Giovannini

, che si svolgerà il prossimo martedì 18 febbraio a Roma, presso lo spazio convegni della Città dell'Altra Economia
Silvana Giovannini, Associazione “Ylenia e gli Amici Speciali”, presidente dell’ATS “Mastri Biscottai Crescono”, Parteciperà all’iniziativa “Effetto Impresa Sociale”, che si svolgerà il prossimo martedì 18 febbraio a Roma, presso lo spazio convegni della Città dell’Altra Economia

“Effetto Impresa Sociale”, fare impresa ed inclusione dal basso: intervista a Silvana Giovannini

Con questa intervista proseguiamo il viaggio nel mondo della Cooperazione Sociale di inclusione lavorativa. Partendo da Roma, con l’ambizione di conoscere esperienze anche di altre regioni.

Lo scopo è comprendere lo stato di salute complessivo di questo settore produttivo, che ha un importante impatto sociale, ma che è anche lasciato un “po’ da parte” dalle Istituzioni che se ne dovrebbero occupare.

Incontriamo Silvana Giovannini, presidente dell’ATS  “Mastri Biscottai Crescono, una delle realtà che per ora è un progetto, ma che ambisce a divenire Impresa Sociale

Del progetto abbiamo parlato in un’articolo pubblicato qualche tempo fa. Silvana Giovannini  parteciperà come relatrice al convegno “Effetto Impresa Sociale”, che si svolgerà a Roma il prossimo 18 febbraio 2020, presso la il Centro Convegni della Città dell’Altra Economia, in Largo Dino Frisullo  snc, a Roma. Un’altra intervista è a Mario “Dany” De Luca, Presidente della Cooperativa Sociale Integrata Maggio ’82, promotore dell’iniziativa.

Mastri Biscottai, un percorso di formazione e d’impresa per giovani con disabilità cognitive

Come nasce l’associazione “Ylenia e gli amici speciali”? [sociale.it]

Silvana Giovannini [S.G.] L’associazione “Ylenia e gli amici speciali” nasce da un gruppo di famiglie che si conoscono tra il 2003 ed il 2004, intorno a un corso di autonomia sociale frequentato dai loro figli. Abbiamo cominciato a frequentarci e abbiamo iniziato a parlare del futuro dei nostri figli. Nel frattempo, succede che Ylenia, che faceva parte del gruppo di ragazzi, viene improvvisamente a mancare. Così abbiamo deciso di costituire l’associazione perché continuasse il percorso ideale con i suoi amici.

Che cos’è un corso di autonomia sociale? [sociale.it]

[S.G.] Seguivano un corso di autonomia con la cooperativa sociale “Percorsi Zebrati” che utilizzava percorsi facilitatori per giovani con disabilità intellettiva. Si tratta degli stessi percorsi che sono stati sperimentati e brevettati dall’Associazione delle Persone Down [N.d.R.: Associazione Italiana Persone Down – Aipd], grazie ad Anna Contardi [N.d.R.: coordinatrice Aipd e vicepresidente dell’European Down Syndrome Association] e prima di allora utilizzati solo con le persone down. La cooperativa ha esportato lo stesso modello educativo per tutte le disabilità intellettive.

Quando vi siete costituiti come associazione? [sociale.it]

[S.G.] Ci siamo ufficialmente costituiti nel dicembre del 2007, ormai oltre 10 anni fa. L’idea di fondo dell’associazione è quella di non adagiarsi sul pietismo che suscitano le persone con disabilità nella società, ma di costruire per e con loro un ruolo attivo e propositivo nella società.

Quindi riconoscerli come risorse e non come pesi. Questo è stato il faro che ha illuminato la rotta da seguire. Fin dall’inizio abbiamo cercato di realizzare dei progetti che fossero in linea con questa visione.


Perché creare, come genitori e famiglie, un’associazione per realizzare questo percorso: non avete trovato “sponde” istituzionali che facessero propria le vostre esigenze la vostra visione? [sociale.it]

[S.G.] Il problema è proprio questo. Ci sono dei servizi che sono “autoreferenziali” e  secondo cui la persona con disabilità deve adattarsi al servizio, anziché essere il servizio a stare in rapporto con le esigenze della persona, della sua famiglia e del contesto in cui si situa.

Quindi, c’è sempre questa visione del “povero disabile, come possiamo aiutarlo?”. Beh, noi abbiamo sempre rifiutato questo approccio. Noi vogliamo che siano riconosciuti i diritti di questi giovani, come lo sono i diritti di qualsiasi altro cittadino. Vogliamo che le differenze siano riconosciute e valorizzate, perché nella differenza sta la ricchezza.


Come attività dell’associazione voi proponete una vasta gamma di iniziative, davvero differenti tra loro. Ad esempio, oggi, ho assistito ad una riunione di marketing che fa parte di “Mastri Biscottai”, un progetto di sviluppo d’impresa Under 35, sostenuto dalla Regione Lazio attraverso il Fondo Sociale Europeo, per la produzione di biscotti per cani. Poi, visitando il vostro sito, la pagina Facebook, e dalla voce dei ragazzi, ho conosciuto un’infinità di altre iniziative ed attività. Dal teatro alla scuola di cucina con orto a Km 0, al week end d’autonomia, alle visite al patrimonio artistico con performance di teatro intrusivo, a tanto altro. Le attività che proponete vanno ben al di là della pura “facilitazione sociale”, verso, piuttosto, la cittadinanza attiva a tutto tondo con un percorso che include attività sociali, culturali e di inclusione lavorativa. Per citare Hannah Arendt, un percorso di “Vita Activa”, che rende le persone cittadini e soggetti politici? [sociale.it]

[S.G.] Assolutamente, sì. È un progetto a tutto tondo. Quindi, sono persone che si formano, persone che lavorano, persone che hanno esperienze culturali attraverso il teatro, la musica.

Ci siamo inventati, per esempio, come hai detto, delle visite culturali con l’archeologo e con un attore che semplificasse ed esemplificasse i messaggi dati dall’archeologo. Perché, insomma, far visitare il Foro Romano a dei giovani con disabilità intellettiva, motoria e percettiva – beh, non ci facciamo mancare niente, praticamente – e poi pretendere che loro possano seguire uno storico dell’arte, un archeologo, nelle elucubrazioni che fanno gli specialisti delle materie. Quindi, ci siamo inventati l’attore, la volta che siamo andati al Foro Romano, con l’attore che rappresentava Giulio Cesare e abbiamo fatto la rappresentazione delle Idi di Marzo. Questo ha catturato la loro attenzione.

E così via. Cerchiamo di portare le esperienze ad un livello tale che loro possano comprenderle senza intermediazione. Deve esserci, contemporaneamente, una comunicazione intermediata, semplificata ma diretta.


Una partecipazione ed una comunicazione partecipata e non subita, quindi? [sociale.it]

[S.G.] Assolutamente sì. Perché se noi cominciamo a fare da interpreti, purtroppo anche non volendolo, anche facendolo in buona fede, è chiaro che mediando porti la tua visione. Quindi, non è un messaggio immediato, è non lineare. Filtrato dalla persona che lo media. Semplificare, sì, ma che il messaggio arrivi, per quello che possono apprendere. L’importanza non è quanto apprendere, ma come.

“Mastri Biscottai”, il progetto finanziato dalla Regione Lazio attraverso il FSE, è come lanciare il cuore oltre l’ostacolo. L’obiettivo è, infatti, creare impresa ad impatto sociale ed inclusione lavorativa. Al di là delle norme sacrosante ed attese da tempo, un’iniziativa come la vostra come può essere significativa ed emblematico, soprattutto nel contesto del dibattito sul “dopo di noi”?

È Così. Noi siamo proprio, qui, in questo appartamento, che è la sede di “Casetta 31”, la casa delle autonomie. Noi è da qualche anno, in realtà, che pensiamo al “dopo di noi”. Però, il “dopo di noi”, non è soltanto residenzialità. È, piuttosto, una vita delle persone. Quindi, nella vita attiva c’è la residenzialità, ma c’è anche un’occupazione lavorativa. Per forza.

Poi tu hai conosciuto i nostri partecipanti. Si tratta di persone con disabilità intellettive molto gravi. Veramente, la maggioranza di loro non potrà aspirare mai ad essere inserito in un ciclo ordinario di lavoro. Io Voglio, anche, un po’ sfatare le finzioni alla base della Legge 68/89 [N.D.R.: “La presente legge ha come finalità la promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato”], ma di cosa parliamo? È proprio, assolutamente, utopia, un mondo ideale. In particolare, per questi nostri ragazzi.

Questo, però, non significa che loro non siano in grado di lavorare. Lo stanno dimostrando con questo progetto. È chiaro. Dobbiamo trovare il modello organizzativo giusto per loro.

Una piccola impresa, un ambiente che sia protetto, che li faccia lavorare insieme, con delle modalità già strutturate, perché, insomma, ci stiamo già lavorando in modo scientifico – perché stiamo cercando di individuare letteratura sul tema per poter trovare un modello riconoscibile e riconosciuto – ti consente di far lavorare queste persone.

Stiamo già lavorando ventiquattro ore al giorno sue questo obiettivo. Loro non potranno affrontare un orario di 8 ore lavorative come ciascuno di noi, magari potranno lavorare 3 ore, quattro ore al giorno, ma potranno essere parte attiva della società. Possono avere la dignità di guadagnare uno stipendio.

Ed i nostri ragazzi questa cosa l’hanno assolutamente chiara. 

Il Convegno “Effetto Impresa Sociale – Il ruolo dell’impresa sociale di tipo B per l’inclusione, lo sviluppo e la rigenerazione economica e sociale nelle comunità e nei territori” si terrà martedi 18 febbraio 2020 a Roma Presso la Città dell’Altra Economia

Quindi un’etica soggettiva del sentirsi parte di un’impresa e di un suo scopo. Una percezione che non si ritrova spesso in “imprese tradizionali”?

Il nostro percorso di autonomia è iniziato ormai oltre 10 anni fa, partendo dalle attività di facilitazione, passando attraverso l’animazione sociale e culturale, per arrivare, infine ad un progetto d’impresa per l’inclusione lavorativa.  Mi sa che ho risposto senza centrare la domanda!!

Il panel del Convegno del 18 febbraio 2020

Avete fatto delle valutazioni dell’evoluzione del percorso, ricevete dei feedback? [sociale.it]

A me piace pensare che noi abbiamo costruito delle buone prassi. Buone prassi che sono riconosciute all’esterno. Tant’è che, per fortuna, riceviamo un buon sostegno sul 5 per mille, che ci deriva proprio dalla riconoscibilità dei progetti che portiamo avanti, dal fatto che noi siamo volontari e non percepiamo nemmeno rimborsi per le spese che sosteniamo da tutto quello che raccogliamo anche attraverso le donazioni, il crowdfunding e i vari progetti e bandi a cui partecipiamo. Tutto viene indirizzato verso la progettualità.

Inoltre, offriamo una rendicontazione puntuale e trasparente di quello che facciamo, delle risorse impegnate e della loro provenienza. Per verificarlo basta andare sul sito di “Ylenia e gli amici speciali”, dove troverai, non solo tutti i bilanci dell’associazione dalla sua costituzione ad oggi, ma anche la rendicontazione del 5 per mille.

Credo che questo sia un modo per essere trasparenti e per far vedere che i soldi offerti per un progetto che viene realizzato vengono spesi proprio per quel progetto. In termini di buone prassi, mi fa piacere evidenziare che i servizi sociosanitari spesso ci dicono “Ma come fate con il progetto week end? Ma ce lo fate leggere? Sai, perché vorremmo fare un progetto simile con la Asl e vorremmo sapere voi come fate”. Beh, diciamo che questo ci riempie anche di una grande soddisfazione.

Hai citato i servizi sociosanitari sul territorio, qual è il rapporto che avete con loro? [sociale.it]

[S.G.] Negativo, necessariamente negativo, fin dall’origine. Noi veniamo dai “Percorsi Zebrati” per l’autonomia, che, all’epoca, era un progetto finanziato dalla allora Provincia di Roma. Quindi tutti  venivano non solo da Roma, ma dall’intera provincia: Zagarolo, Aprilia e da zone della Capitale lontanissime tra loro. Noi abbiamo mantenuto questa distribuzione territoriale del gruppo di persone coinvolte nelle attività. Questo ha fatto sì che noi non abbiamo un territorio di riferimento.

In una città come Roma questo è stato un grosso svantaggio, perché non abbiamo interlocutori politici unici. Questo lo svantaggio. Il vantaggio è invece che noi non abbiamo mai chiesto fondi pubblici, non abbiamo mai chiesto convenzioni dirette, con le Asl o i Municipi, e questo ci consente di essere liberi e di decidere autonomamente quello che vogliamo progettare, come e con chi. Una libertà che è un lusso.


Il progetto “Mastri Biscottai” si avvale di una rete sul territorio: come avete creato questa rete? [sociale.it]

[S.G.] Con la reputazione che ci siamo creati e che abbiamo cercato di sfruttare per realizzare i nostri progetti.

Volontariato spesso è scambiato con “umana assistenza”, nel nostro caso invece volontariato è anche “competenza”, con una volontaria che ci sostiene e che è una professoressa di chimica presso l’Università di Tor Vergata, abbiamo fatto i corsi Haccp per i partecipanti al progetto. Noi, il prossimo 18 dicembre, andiamo ad incontrare il Preside della Facoltà di Chimica perché ci tiene a consegnare personalmente gli attestati ai partecipanti.

Con l’Ordine dei Veterinari, parlando del progetto ed i suoi obiettivi abbiamo scoperto la loro disponibilità a sostenerci, ma anche il loro interesse per una linea di biscotti premio insolita, artigianale e di alta qualità.

Possiamo contare anche sull’Associazione Italiana dei Responsabili ed Esperti di Gestione Progetto, perché il presidente, Eugenio Rambaldi, già ideatore e fondatore dell’Istituto Italiano di Project Management, è un nostro sostenitore da anni.

Il gruppo è misto, composto da alcuni ragazzi dell’associazione ed altri arrivati attraverso la diffusione del progetto anche attraverso il Servizio Disabili Adulti delle Asl, i municipi.

Con la “Vaccari”, riferimento storico tra i centri diurni della capitale abbiamo parlato con la presidente e l’assistente sociale abbiamo fatto un accordo di programma per l’inserimento, previa selezione, di almeno quattro persone. Così anche con Capodarco e Anffas. Insomma, abbiamo creato connessioni con queste che sono le istituzioni storiche della riabilitazione, perché anche noi siamo impegnati su questo obiettivo.

Qual è stato il feed back che avete ricevuto dalle famiglie dei ragazzi, sia quelli già inseriti nell’associazione che i nuovi arrivati, rispetto all’avvio di un progetto d’inclusione lavorativa che come obiettivo finale ha quello di creare un’impresa? [sociale.it]

[S.G.] Noi, con “Mastri Biscottai”, oltre al processo produttivo abbiamo attivato un processo di supporto intorno alle attività, portato avanti dagli psicologi dell’Associazione Pomerium Onlus con cui collaboriamo da tempo sulle attività di progettazione, monitoraggio e verifica dei processi che mettiamo in essere. Quindi ci sono dei monitoraggi con i partecipanti una volta al mese, individuali e di gruppo. Infine, ci sono altri momenti di lavoro in cui sono coinvolte le famiglie. A questo scopo offriamo supporto alle famiglie “on demand” e con riunioni ogni 2 settimane.

A quali criteri di selezione vi siete affidati? [sociale.it]

[S.G.] Ho curato personalmente una fase preliminare, attraverso incontri con i ragazzi e le loro famiglie. Poi, la selezione vera è propria, è stata effettuata da una equipe formata da uno psicoterapeuta, un educatore, una psicologa della famiglia e un operatoreTutti insieme abbiamo cercato di non valutare il ragazzo o la famiglia, ma le risorse  di ciascuna persona sviluppabili nel progetto. Abbiamo escluso quelle famiglie che non avevano interesse a implicarsi nel progetto condividendolo con il loro figlio. Abbiamo creato un sodalizio con le famiglie. Chi ha sottoscritto il sodalizio è entrato nel progetto e questo indipendentemente dalla gravità delle condizioni del partecipante. La cosa importante era, infatti, che la famiglia stessa prendesse parte attiva al percorso. Non è sempre facile, come tutti anche le famiglie attraversano momenti di sfiducia e disinvestimento, ma ce ne occupiamo.

Siamo vicini alle festività natalizie [quando è stata rilasciata l’intervista: NdR]. Il progetto si chiude a marzo, dopo di che si dovrà trasformare in impresa. Probabilmente, lo sarete il Natale del prossimo anno. A che tipo d’impresa avete pensato? [sociale.it]

[S.G.] Noi abbiamo pensato ad un’impresa che fornisca servizi alle aziende, soprattutto nel campo della ristorazione, perché, in fondo è il settore in cui  ci stiamo formando. L’idea è proporre una linea di biscotti per cani a Gentilini, a Eataly, ma… sto sognando ad occhi aperti. Comunque, noi, come ho detto, abbiamo messo a punto un modello organizzativo in cui persone con disabilità intellettiva lavorano in gruppo, in funzione del prodotto e degli obiettivi concordati col committente. Si tratta di un modello di lavoro flessibile, anche se mirato alla realizzazione di prodotti alimentari, quindi l’obiettivo è trovare qualche azienda interessata a esternalizzare qualche linea di produzione, noi siamo ben felici di mettere alla prova il nostro staff. Tra l’altro il modello forma anche gli operatori, quindi credo che l’aspettativa che ha l’associazione, insieme all’Ats, è quella di creare una cooperativa o un’impresa sociale, anche se non so bene quale sarà il futuro, lo stiamo studiano.

Qui si conclude l’intervista, ma ho il dovere di dare qualche informazione in più. Visto che l’impresa non è stata ancora creata, i biscotti non sono ancora in commercio. Se volete provarli o volete contattare l’associazione “Ylenia e gli amici speciali” potete farlo attraverso il sito, il profilo Facebook di Ylenia e gli Amici Speciali,  la pagina Facebook dei “Mastri Biscottai” e agli indirizzi email info@yleniaegliamicispeciali.org e mastribiscottai@gmail.com. Dimenticavo, a Betty i biscotti sono piaciuti tantissimo!

“Effetto Impresa Sociale” evento Facebook

Materiali:

Invito al convegno

Abstract convegno

PDL Cooperazione Sociale Regione Lazio

Legge Cooperazione Sociale Regione Toscana

Legge Cooperazione Sociale Regione Emilia-Romagna

L’appuntamento: dalle ore 14.30 alle 18.30 di martedì 18 febbraio 2020, presso il Centro convegni della città dell’Altra Economia, Larco Dino Frisullo snc, 00154 Roma