Turismo e disabilità: sono solo 45 i Comuni italiani su 8 mila definiti Bandiera lilla, ovvero destinazioni che lavorano per migliorare la propria accessibilità turistica.
Ecco la lista
Ne ha scritto l’inserto “Dove” de il “Corriere della Sera” ad agosto ma col cambiamento climatico e con le spiagge ancora piene a fine ottobre, il tema putroppo resta attualissimo.
Eppure, secondo le stime sono oltre 3 milioni le persone con disabilità in Italia che, nelle giuste condizioni, potrebbero diventare turisti e viaggiatori.
Secondo una stima il mondo del turismo a livello globale perde, ogni anno, circa 142 miliardi di euro e 3,4 milioni di posti di lavoro (fonte: Anna Grazia Laura, presidente dello European Network for Accessible Tourism). E questo accade solo perché non prendono in considerazione le difficoltà motorie e sensoriali e le condizioni di una popolazione che invecchia sempre più.
In Germania, ad esempio, il 37 per cento delle persone con disabilità ha deciso di non intraprendere un viaggio a causa della mancanza di strutture accessibili. Il 48 per cento viaggerebbe più frequentemente se queste fossero disponibili. E il 60 per cento sarebbe disposto a pagare un prezzo più alto per il loro utilizzo.
Secondo i dati forniti da Apmarr, l’Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare, una persona con disabilità è in genere un viaggiatore altospendente, in media, da due a quattro volte di più. Inoltre è abitudinario e quindi facilmente fidelizzabile: ama ritornare più volte nella stessa destinazione, quando la trova accessibile e adatta alle proprie necessità. Soggiorna in alloggi più costosi per esigenze di spazio, igiene e accesso. Spende di più per il noleggio di veicoli e per i servizi di trasporto. Paga di più per lo spazio extra a bordo di un aereo o di altri mezzi di trasporto semplicemente per essere più a proprio agio durante il viaggio.
“L’accessibilità nel turismo è un motore per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità nei Paesi a forte vocazione turistica, dato che gli sforzi vanno a beneficio della società”, afferma Antonella Celano, presidente di Apmarr.
“Per migliorare le pratiche di accessibilità, eliminando le principali barriere strutturali (servizi di prenotazione e trasporto, strutture ricettive, comunicazione) e sociali (mancanza di formazione delle imprese e degli operatori del settore turistico e di consapevolezza circa le tematiche dell’accessibilità) occorre pensare a una partecipazione diretta delle persone con disabilità nella stesura di protocolli internazionali”.