E’ di questi giorni l’attentato, per fortuna non andato a buon fine, a Don Coluccia a Tor Bella Monaca uno dei quartieri periferici di Roma raccontato peggio dai media che danno risalto solo agli aspetti relativi allo spaccio di droga e al degrado. Meno alla rete associativa, laica religiosa e di terzo settore, che qui come nella stragrande periferia della Capitale opera nel silenzio. Sono molto profonde le disparità sociali ed economiche che pervadono Roma, esasperate dalla pandemia che ha colpito con forza aree già caratterizzate da profondo disagio. Lo abbiamo visto col Covid-19 che si è diffuso in particolare nelle zone popolari del quadrante Est della città fuori dal Grande raccordo anulare (Gra) dove le difficoltà socio-economiche sono maggiori.
L’incidenza massima c’è stata nelle case popolari e nelle borgate di origine abusiva, mentre la minima ha coinciso con la città storica e con quella “ricca”.
Nelle ricerche sulle mappe della Diseguaglianza di S. Monni, K. Leto e F. Tomassi c’è un numero in particolare che mostra gli effetti dell’emergenza sanitaria, mappata a partire da un’elaborazione delle forme di sostegno erogate ai cittadini tra cui il reddito di cittadinanza, la Naspi e la cassa integrazione: solo nel Municipio VI, la zona che comprendere Tor Bella Monaca e Torre Angela, la somma delle domande per i diversi tipi di sussidio (reddito di cittadinanza, reddito di emergenza, Naspi, bonus Covid-19) che a novembre 2020 risultavano accolte ha superato il numero di 20mila. Aggiunte le 10mila richieste autorizzate di cassa integrazione si arriva all’erogazione di oltre 30mila provvidenze, su una popolazione tra 15 e 65 anni pari a 73mila abitanti. Non a caso le zone dove il disagio è maggior sono state quelle con il maggiore numero di contagiati. Questo disagio è un disagio che pervade soprattutto le persone in stato di povertà e emergenza abitativa, come è naturale. Ma ci deve riguardare tutti, come anche Papa Francesco, il primo Papa a utilizzare un lessico e una grammatica eminentemente “urbana” scisse nel 2011 quando a Buenos Aires venne organizzato un evento che coinvolse le 11 diocesi delle metropoli per riflettere sui mutamenti urbani, La pastorale urbana. Bergoglio intervenne con una relazione dal titolo Dio vive nella città: «La fede ci insegna che Dio vive nella città, in mezzo alle sue allegrie, ai desideri e alle speranze, come anche in mezzo ai suoi dolori e alle sue sofferenze». E più avanti una sua frase divenuta poi un monito per l’intero suo pontificato “La Chiesa è chiamata a uscire da sé stessa e dirigersi verso le periferie, non solo quelle geografiche ma anche quelle esistenziali”.
Il primo nucleo delle periferie storiche romane sono nate da un Piano Regolatore Generale nel 1932 in pieno fascismo per firma di Marcello Piacentini, stimatissimo da Benito Mussolini che voleva “sfollare la città” dai ceti popolari o meno abbienti per far risaltare la grandezza del nuovo impero fascista sulle vestigia dell’antica Roma. Fu così che interi rioni medievali vennero letteralmente rasi al suolo e migliaia di cittadini costretti a trasferirsi in borgate costruite con materiali scadenti e prive dei più elementari servizi. La condivisione delle stesse condizioni di vita tuttavia pose le basi per la costruzione di vaste reti di auto organizzazioni tra i cittadini.
All’epoca non si parlava ancora di Terzo settore, quello che poi negli anni e soprattutto in aree del Paese più deprivate economicamente è diventato protagonista dell’economia sociale per la sua conoscenza della prossimità, delle politiche di inclusione, sviluppo e sostenibilità nelle periferie luoghi di crescenti disuguaglianze, solitudini e povertà, ma anche di grande attivismo sociale e di importanti processi di cambiamento. Di questo e di altro parleremo il 29 settembre 2023 (orario e relatori in via di definizione) per il ciclo Anabasis a partire dal libro di Irene Ranaldi “Passeggiando nella periferia romana: la nascita delle borgate storiche”, Iacobelli Roma 2018