In vista delle ormai imminenti Paralimpiadi di Parigi, Babbel, l’ecosistema leader nell’apprendimento delle lingue, e WeGlad, startup che monitora i dati sull’accessibilità urbana per facilitare la mobilità delle persone con disabilità, hanno promosso un’iniziativa per sensibilizzare sul tema dell’accesso allo sport da parte delle persone con disabilità, presentando i termini da conoscere e le espressioni da evitare per un linguaggio sempre più inclusivo e attento, in senso generale e nello specifico dell’àmbito sportivo.
In vista dei Giochi Paralimpici 2024, in programma, com’è noto, a Parigi dal 28 agosto all’8 settembre, Babbel, l’ecosistema leader nell’apprendimento delle lingue, e WeGlad, startup innovativa a vocazione sociale che monitora i dati sull’accessibilità urbana per facilitare la mobilità delle persone con disabilità, hanno promosso un’iniziativa per sensibilizzare sul tema dell’accesso allo sport da parte delle persone con disabilità, presentando i termini da conoscere e le espressioni da evitare per un linguaggio sempre più inclusivo e attento.
Anche nell’àmbito della comunicazione sportiva, infatti, si riscontrano terminologie che riflettono i pregiudizi presenti nella società, trasmettendo un’immagine errata e stereotipata delle persone con disabilità. L’evento sportivo che stiamo aspettando, il più importante di quest’estate, può essere dunque un’occasione per veicolare messaggi inclusivi, partendo dall’uso corretto delle parole, oltre che per promuovere lo sport, uno strumento fondamentale per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità.
Nonostante in Italia si siano già fatti passi significativi in questo settore, con un aumento dei riconoscimenti nelle competizioni sportive internazionali, sono ancora numerose le sfide da affrontare per garantire un maggiore accesso allo sport. Secondo i dati ISTAT, infatti, le persone con limitazioni gravi che praticano sport (con continuità o saltuariamente) sono ancora solo il 9,1%. Inoltre, su 10 persone con limitazioni gravi, circa 8 dichiarano di essere sedentarie e di non svolgere nessuno sport né attività fisica.
Come afferma Esteban Touma Portilla, Content Producer e Insegnante di Babbel Live, la relazione tra sport e disabilità passa anche attraverso il linguaggio, che ha un ruolo fondamentale nel plasmare le percezioni e gli atteggiamenti nei confronti delle persone con disabilità. L’utilizzo di un linguaggio rispettoso è quindi molto importante anche per promuovere la pratica sportiva e contribuire ad abbattere le barriere, fisiche e psicologiche.
Il “. sta circolando online e quante più persone lo leggeranno, tanto più saranno scardinati i preconcetti e cambierà la cultura. A Superando è sempre stato a cuore l’uso corretto delle parole quando si tratta di disabilità, se è vero che anche su queste pagine il linguaggio si è evoluto in maniera più rispettosa, ponendo l’accento sulle persone e non sulla loro condizione psicofisica. Questo volevano Franco Bomprezzi e Antonio Giuseppe Malafarina, “Storici” Direttori Responsabili di questa testata. Antonio ha contribuito, poco prima della sua prematura scomparsa, alla redazione della guida Comunicare la Disabilità. Prima la persona, scritta con i colleghi Claudio Arrigoni e Lorenzo Sani, scaricabile gratuitamente dal sito dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti. Non possiamo quindi che accogliere con piacere ogni iniziativa ben fatta che va in questa direzione.
Ecco dunque le indicazioni elaborate da Babbel e WeGlad, un utile ripasso anche per chi scrive. Cominciamo dalle parole che normalmente si usano quando si parla di disabilità, qui parzialmente declinate in accezione sportiva.
Barriere: questa parola viene utilizzata per indicare tutti quei fattori che, con la loro presenza o assenza, limitano la vita alle persone con disabilità poiché ne impediscono o riducono l’accesso agli spazi e la fruibilità di servizi, prodotti o informazioni. Nell’àmbito della pratica sportiva, le barriere possono essere molteplici: dalla mancanza di rampe o percorsi alternativi per accedere agli impianti, all’utilizzo di attrezzature sportive non adeguate alle diverse tipologie di disabilità, che di fatto impediscono la pratica sportiva.
Facilitatore: si parla di quei dispositivi che migliorano l’accessibilità di un luogo e riducono le barriere architettoniche. Nello sport, esistono diversi tipi di facilitatori, che spaziano dalle attrezzature sportive adattate come la handbike (bicicletta a mano utilizzata da atleti con disabilità motorie agli arti inferiori) e la carrozzina sportiva (sedia a rotelle progettata specificamente per la pratica sportiva), alle tecnologie assistive, come gli ausili per la comunicazione, ovvero dei dispositivi che aiutano le persone con disabilità della comunicazione a interagire durante le attività sportive.
Linguaggio People first/Person-First/Identity first: nel primo caso si indica un approccio linguistico che mette la persona al centro e mira quindi a riconoscere in primo luogo l’unicità dell’individualità delle persone con disabilità. In questo senso, è corretto utilizzare l’espressione “Persona con disabilità” al posto di “Disabile” e, in àmbito sportivo, “atleti con disabilità”. Con l’approccio identity first, invece, si possono utilizzare le espressioni “Persona disabile” o atleta disabile, al fine di enfatizzare con orgoglio la propria identità, non vergognandosi di chi si è.
Abilismo: si tratta di un atteggiamento discriminatorio e svalutativo nei confronti delle persone con disabilità, basato sull’assunto, e quindi sul pensiero (che produce azioni discriminatorie conseguenti), che ogni individuo debba avere un corpo abile o “Normale“, cioè conforme alle convenzioni sociali e culturali accettate dalla comunità in un determinato contesto sociale. È un’oppressione sistemica, cioè è una visione del mondo che si manifesta a tutti i livelli della società.
Soffermiamoci su quest’ultima parola, abilismo. Non è molto conosciuta ma è il perno intorno a cui si dipanano le discriminazioni, sia a livello verbale che di conseguenza sul piano pratico, diventando insomma ostacoli nella vita quotidiana. Gli esperti di Babbel Live e di WeGlad hanno individuato vari comportamenti che possono rientrare nell’abilismo e che contribuiscono a creare un ambiente poco inclusivo per le persone con disabilità; promuovere una maggiore consapevolezza su questo tema è quindi fondamentale per contribuire a costruire una società più equa e aperta a tutti.
Utilizzare un linguaggio discriminatorio o che abbia accezioni negative nei confronti della disabilità: termini come “Diversamente abile“, “Costretto in carrozzina“, “Affetto da/colpito da/vittima di” o “Malgrado la disabilità“, oltre a essere discriminanti sono in contrasto con il “Modello sociale della disabilità“, un approccio che vede la disabilità non come una caratteristica individuale della persona, ma come il risultato del suo relazionarsi con barriere sociali e ambientali. Questo tipo di termini va anche contro il “Modello bio-psico sociale“adottato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), che interpreta la disabilità come il risultato dell’interazione tra un individuo non conforme agli standard e alle norme sociali e una società non preparata ad accogliere e valorizzare chi si discosta da tali standard.
Per ulteriori informazioni o .: Ufficio Stampa Babbel (Sara Caringella), sarac@bpress.it.
Fonte: Superando.it
Photo: Superando.it