Il Giubileo degli artisti, La rinascita della speranza

Spetta ai poeti illuminare gli uomini del nostro tempo, ritrovare le tracce degli dèi fuggiti”. Alla vigilia del Giubileo degli artisti, vengono alla memoria queste parole di Martin Heidegger per riepilogare il complesso momento che stiamo vivendo. Un momento che, sempre per citare il pensatore tedesco, è talmente povero da non riconoscere più come povertà nemmeno la mancanza di Dio. L’orizzonte metafisico che il Giubileo della speranza dischiude, anche per chi vive d’arte, è dunque un tempo quanto mai opportuno, un kairòs si direbbe, per riflettere sia sulla “Fuga degli dei“, intesa come scomparsa di un panorama più ampio della vita orizzontale, sia soprattutto sul ruolo che iPoeti“, cioè gli artisti in generale, possono esercitare per recuperare quella verticalità di sguardo connaturale all’essere umano fin dai tempi delle caverne.
Qualche tempo fa, il teologo Pierangelo Sequeri ricordava che sulla morte di Dio abbiamo riflettuto e ci siamo soffermati abbastanza. È ora di voltare pagina e di ricordarci della Risurrezione. Prospettiva che offre un sovvertimento di prospettiva anche e soprattutto all’immenso Sabato Santo delle nostre vite. Chi meglio dei “Poeti” (nell’accezione ampia di prima) per dare corpo e speranza a questo sovvertimento? Se il razionalismo ateo degli ultimi secoli ha di fatto cancellato dal piano cartesiano del mondo l’asse delle ordinate, chiudendo il Cielo sopra la testa dell’uomo e condannandolo a muoversi solo sull’asse delle ascisse, c’è un grande spazio per gli artisti oggi. Spazio quanto mai trasgressivo e controcorrente in un mondo che ha sostituito la teologia con la tecnologia, ha messo l’io al posto di Dio ed esaltato i sensi a scapito del senso della vita, negando per lo più dignità culturale alla Fede. È lo spazio di chi può ripristinare la dimensione verticale scomparsa, o fortemente compromessa, del piano cartesiano esistenziale, accettando il rischio di tornare a coniugare etica ed estetica, fisica e metafisica, immanenza e trascendenza anche nel terzo millennio.
Per questo la mano che la Chiesa tende agli artisti anche in questo Giubileo non è cosa da poco e si nutre dell’esperienza accumulata in duemila anni, come di iniziative nuove. In passato ci sono state già altre epoche di “Dèi fuggiti“, cioè di scomparsa dei punti di riferimento fino ad allora tradizionali. Si pensi solo alla caduta dell’Impero Romano o alle spinte millenaristiche dell’anno Mille. Si pensi anche alla crisi innescata dalla Riforma luterana. Ebbene, in tutti questi periodi l’opera di ricerca di quegli stessiDèiè stata guidata anche e soprattutto dai “Poeticristiani. Autori dei preziosi inni risalenti ai Padri della Chiesa, protagonisti del cosiddetto Rinascimento medievale del XII secolo (che anticipa il Rinascimento vero e proprio), mistici come Giovanni della Croce e Teresa d’Avila nel Siglo de oro della Spagna.
È possibile ripetere, oggi, in chiave 2.0 queste stagioni? San Paolo VI ci aveva provato con quella forma di neomecenatismo che ha prodotto capolavori come la Resurrezione di Pericle Fazzini e l’Aula delle udienze progettata da Pierluigi Nervi. San Giovanni Paolo II, poeta convinto che “Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta“, ci ha lasciato una mirabile Lettera agli artisti insieme ai componimenti giovanili e a un lucido Trittico romano che tocca vette di poesia mistica. Benedetto XVI volle incontrare personalmente gli artisti. E Francesco, nei cui discorsi vengono citati scrittori e poeti di tutto il mondo, con la recente Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione ha posto l’accento sull’ineludibile dimensione antropologica delle grandi narrazioni.
Sono segnali di una nuova tendenza, che bisogna raccogliere e rilanciare. Perché abbiamo bisogno di nuoviPoeticapaci, come scrive un altro teologo, Giuseppe Lorizio, di “Attraversare la notte alla ricerca del Deus absconditus“. Abbiamo bisogno di narrazioni letterarie, filmiche, musicali, pittoriche e scultoree ispirate alla “Fiamma viva della speranza“, come dice il testo dell’Inno ufficiale del Giubileo scritto proprio da Sequeri. Abbiamo bisogno, cioè, di unaPoesia pensante” che in definitiva sia luce per andare oltre l’ombra della notte impoverente del mondo.

Fonte: Avvenire.it

Photo: Insideart.eu