Cosa fanno 30 disabili polacchi a Parigi nei giorni prima di Pasqua

Il sogno realizzato dalla fondazione Teraz Wy di offrire una vacanzanormale” in una delle città più belle del mondo a chi di solito incontra barriere ed esclusione.

Quel vecchio sogno nel cassetto di visitare un giorno la luccicante Parigi. Sotto un sole primaverile e con le vetrine tutte colorate e decorate per Pasqua. Il sogno di farlo venendo dalla Polonia. Non per cercare un lavoro, come ha preteso in passato, oltralpe, una trita retorica un po’ xenofoba centrata sullo stereotipo del temutoidraulico polacco” e, più in generale, sullo spauracchio di un pendolarismo generalizzato dall’Est europeo. Ma giungere invece a Parigi per ridere, ballare lungo la Senna, dipingere in strada en plein air come facevano i pittori impressionisti, fare smorfie da turisti pazzerelli. Tutto questo, pure, sognando d’iscriversi nel solco delle ultime Olimpiadi, quando la Ville Lumière si era fatta ancor più bella per mostrarsi agli occhi del mondo. Quando aveva brillato e meravigliato accogliendo tanto i cosiddetti atleti normodotati, quanto gli atleti disabili.

Appunto, proprio questo. La disabilità. Il sogno di visitare la Ville Lumière, giungendo dalla Polonia, nel bellissimo periodo pasquale, anche con quel bagaglio personale ingombrante e irriducibile: le proprie sedie a ruote, l’handicap visibile sul volto o quello invece un po’ più nascosto, gli effetti di sindromi che deformano il corpo e colpiscono le facoltà mentali. Realizzare quel sogno perché anche questo — forse soprattutto questodovrebbe essere l’Europa: spostarsi da un capo all’altro del continente, per goderne le meraviglie e la diversità, anche con il fardello dell’handicap nella propria vita quotidiana. Spostarsi, tanto più, lungo quell’asse Est-Ovest traversato ancora da stereotipi e diffidenza.

Ecco un sogno ambizioso per il quale ha scelto di battersi, da qualche anno, un’organizzazione polacca al servizio dei più fragili: la fondazione Teraz Wy (Adesso tu), che mira a dare coraggio al cuore dei portatori di handicap attraverso l’arte e i viaggi nelle città dov’è possibile assaporarla al meglio: proprio come la luccicante, e talora pure luccicosa, Parigi. Un organismo che, pur essendo ufficialmente non confessionale, accoglie nelle proprie fila pure tanti volontari mossi verso il prossimo dalla fede. Una fondazione che non a caso, a Parigi, si avvale anche della vicinanza della Missione cattolica polacca, basata nei pressi di Place de la Concorde. “Il primo passo è sempre cambiare e aprire la nostra mentalità. Incontriamo barriere architettoniche dappertutto, certo. Ma quelle, in un modo o nell’altro, si superano sempre. Abbattere i muri all’interno delle menti è invece più difficile” ci spiega Martyna Ditbrener, dinamica Presidente della Fondazione.

Ritroviamo il gruppo speciale di turisti, circa una trentina, proprio in un luogo tipicamente turistico. Non in qualche self-service ben adattato, con ampi spazi di circolazione, come quelli che cominciano ad attecchire nella Francia post-olimpica, apparentemente un po’ più sensibile alle poste in gioco della disabilità. Ma in una nota brasserie sugli Champs-Elysées, immersa nella luce riflessa dall’arteria pomposamente definita dai francesi come “la strada più bella del mondo“. Menù completo, fino al dessert, riservandosi il tempo di assaporare tutto con calma. Anche se Martyna, a un certo punto, strizza un po’ gli occhi simpaticamente, evocando i prezzi, di certo non proprio identici a quelli di analoghi menù serviti in una mensa o trattoria nel cuore di Varsavia. Già, i prezzi. Quando avevamo contattato al telefono per la prima volta la responsabile, appena prima del viaggio, ci aveva confessato di non aver calcolato l’aumento dei prezzi del metrò: “Solo un piccolo problema, lo risolveremo“, se n’era uscita ottimisticamente.

Pure questo, in fondo, significa essere turistinormali“. Farsi spennare come gli altri in pieno sogno sui Campi Elisi, senza pensarci troppo sul momento, perché l’imperativo è godersi momenti irripetibili su una strada che ha ispirato innumerevoli canzoni, quadri, romanzi, film e chissà quanto altro. “Abbiamo diverse persone con disabilità mentale, con sindrome di Down, o sulla sedia a ruote. In quest’ultimo caso, per la prima volta in assoluto. Sull’Arco di Trionfo, alcuni presenti hanno rifiutato di aiutarci, ma alla fine abbiamo trovato sostegno. In ogni caso, stando con loro, scopriamo ogni giorno un po’ più quanto siano meravigliosi e pieni di potenziale affettivo e creativo. Perché mai sarebbero dovuti restare in un villaggio sperduto di campagna? Meritano Parigi come gli altri!“, lancia infervorata Martyna, che fra l’altro era già stata volontaria proprio alle Olimpiadi parigine.

La tappa successiva è dall’altra parte dell’arteria emblematica: ovvero, la boutique faraonica di quella famosissima marca transalpina del lusso che fa gola, con le sue borsette e altri accessori, alle signore e signorine chic del mondo intero. “Tanto non entriamo per acquistare, ma solo per guardare e per esserci. Abbiamo ottenuto un’autorizzazione, ce l’abbiamo fatta, anche se dovremo affrontare qualche scalino“, ci sussurra la combattiva Martyna, a cui comunque visibilmente non dispiace di poter contemplare, fra un’opera d’arte e l’altra, pure il design delle ultime creazioni della griffe dal logo inconfondibile, non a caso bersaglio di un lucroso giro planetario di contraffazione.

, ci sono quegli scalini da superare, ma per i volontari di Martyna è un po’ un’ordinaria amministrazione. Fra loro, pure qualche forzuto. E quando non bastano i forzuti del gruppo, tocca saper chiedere con un sorriso a chiunque, a cominciare dagli agenti di sicurezza a portata di mano. Pure questo è tutto un savoir-faire: chiedere al contempo con gentilezza, dignità, convinzione. “Visitiamo luoghi splendidi, ma ci rendiamo conto che la cosa più importante è stare assieme e aiutarci“, enfatizza Martyna, quando già, ancora una volta, tutti possono enunciaremissione compiuta“: le schiene un po’ curve e stanche, le carrozzelle un po’ logore e sbilenche, finite nondimeno proprio in mezzo ai turisti facoltosi che scelgono per davvero l’ultimo acquisto a tre o quattro zeri come souvenir prima del ritorno a casa.

Proprio un classico tour da turisti ordinari, quello programmato su pochi giorni: la vertiginosa Tour Eiffel, quella caverna di Alì Babà dell’arte mondiale che è il Louvre, i famosi lungosenna dove gli espositori ribaltabili in legno dei bouquiniste hanno resistito, nonostante i diktat di sicurezza dell’epoca olimpica. Occupare ogni luogo, anche a passi sgangherati di danza, come davanti alla Piramide del Louvre, o scherzando persino di fronte al sorriso enigmatico della Gioconda, o improvvisando trenini in strada, alzando il pollice di continuo per ostentare fiducia, formando cuoricini con le mani, come davanti alla facciata di Notre-Dame prima di assistere alla Messa, o in alto della Tour Eiffel, alzando bicchieri per brindisi spontanei, ringraziando sempre con ottimismo per una città che è in fondo tutto uno spettacolo. Saper giocare di continuo, insomma, riacciuffando così sempre il bandolo inestimabile della speranza.

Fonte: Avvenire.it

Photo: Avvenire.it