Contratti pubblici in sanità. Cantone (Anac): “Troppe proroghe ‘tecniche’, anche fino a 13 anni. Se ne fa un uso distorto per coprire palesi inefficienze”
Falle nella redazione degli atti e nello svolgimento della gara, ritardi nell’aggiudicazione definitiva derivanti da contenzioso, proroghe per la mancata conclusione di gare centralizzate. Queste alcuni motivazioni che hanno portato in alcuni casi anche a proroghe di contratti fino al 300% in più rispetto alla data originaria. “Senza programmazione anche le Centrali uniche d’acquisto hanno creato effetti distorsivi”.
IL DOCUMENTO
“La proroga “tecnica” per i contratti pubblici non è più uno strumento di “transizione” per qualche mese di ritardo determinato da fatti imprevedibili, ma è diventato un ammortizzatore pluriennale di palesi inefficienze di programmazione e gestione del processo di individuazione del nuovo assegnatario”. Parole chiare quelle delle presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone scritte nell’indagine che l’Anac ha effettuato rispetto all’’Utilizzo improprio delle proroghe/rinnovi di contratti pubblici’.
L’indagine ha riguardato 39 stazioni appaltanti che fanno parte di vari servizi sanitari regionali e relativa a contratti di lavanolo, pulizie e ristorazione. Nello specifico sono stati analizzati 78 contratti che sono stati più volte prorogati.
In totale la misurazione delle proroghe dei contratti oggetto di analisi ha evidenziato una sommatoria complessiva di 5694 mesi di proroghe che rappresentano ben il 203% delle durate originarie (2804 mesi) ed il 149% delle durate originarie incrementate dalle opzioni previste (3827 mesi). Sul già sorprendente dato medio di 73 mesi di proroghe “tecniche”, pari a poco più di 6 anni, spiccano i casi limite; in ben 18 casi è stata superata la percentuale del 300% (da un contratto di durata di 36 mesi prorogato per altri 112 mesi, pari al 311%, al caso estremo di un contratto di 12 mesi prorogato per ben 158 mesi pari a più di 13 volte la durata originaria).
Dall’indagine Anac emerge che il 69% delle proroghe “è imputabile alla difficoltà delle stazioni appaltanti di predisporre gli atti di gara e a svolgere le gare garantendo il corretto avvicendamento degli affidatari.” La seconda motivazione comprende i casi relativi a mutamenti del quadro normativo sia nazionale (1%) che regionale (15%).
Significativa è la percentuale dell’8% dei casi di proroga tecnica imputabili ad una sorta di cortocircuito determinato dalla regolazione regionale che impedisce nuove gare agli enti, ma al contempo le centrali di acquisto avviano e completano con forti ritardi le gare di loro competenza. Da ultimo si rileva come sia minimo (1%) l’effetto delle vicende giudiziarie sulla origine delle proroghe tecniche.
Motivi della proroga tecnica | Numero mesi di proroga complessivi | Percentuale del totale |
Normativa pre-codice/l. 62/2005 | 318 | 6% |
Redazione atti e svolgimento della gara | 3909 | 69% |
Contenzioso giudiziario | 74 | 1% |
Nuova normativa nazionale | 871 | 15% |
Mancanza di gare centralizzate | 450 | 8% |
TOTALE | 5694 | 100% |
Il giudizio dell’Anac su questi numeri è che si fa un «utilizzo distorto delle proroghe “tecniche” così come previste dalla elaborazione giurisprudenziale e dall’Autorità».
Ma soprattutto l’indagine rileva come “a corretta programmazione delle acquisizioni di beni e servizi e delle attività di gara, volte ad assicurare il regolare e tempestivo avvicendamento degli affidatari, non traspare in alcun modo dalle relazioni analizzate. Per quanto l’art. 271, comma 1 del Regolamento n. 207/2010 stabilisca la facoltà della programmazione dell’acquisto di beni e servizi, il sistematico mancato utilizzo dello strumento della programmazione comporta, tra le varie conseguenze, anche l’assenza della definizione di termini, seppur semplicemente programmatori, di avvio delle procedure di selezione del nuovo affidatario”.
Nel campione analizzato non è “raro il caso di concessione di proroghe tecniche in cui la procedura per l’affidamento del servizio non ha avuto alcun inizio. La redazione degli atti di gara appare infatti preceduta da complesse attività volte a definire gli esatti contenuti delle prestazioni oggetto della gara. Alla definizione di tali contenuti partecipano spesso una pluralità di soggetti e di uffici con procedure e tempistiche che possono descriversi come “deresponsabilizzati” rispetto all’esigenza di una definizione entro tempi determinati”.
Inoltre “la scelta di metodi e tecnologie per lo svolgimento dei servizi prende, spesso, le mosse da un necessario ma spesso defatigante coinvolgimento dei destinatari intermedi dei servizi. La annosa definizione dei contenuti è poi non di rado rimessa in discussione dal mutare delle esigenze nei tempi successivi alla precedente definizione”.
Ma l’Autorità rileva anche come “nella fase dell’evidenza pubblica, a partire dalla pubblicazione degli atti di gara (capitolati, disciplinare, ecc.), la dilatazione dei tempi è legata spesso alla incompletezza e scarsa qualità della definizione delle prestazioni che, a seguito di richieste di chiarimento da parte dei concorrenti, determinano lo spostamento dei termini delle offerte a seguito di precisazioni o variazioni dei contenuti degli atti stessi”.
“Infine – si legge nella nota – anche la fase della valutazione delle offerte risulta fortemente espansa per la complessità delle attività, non agevolata da capitolati e criteri di selezione ben determinati, nonché per la composizione e qualificazione delle commissioni di gara che in non pochi casi determinano la sostituzione dei componenti e calendarizzazioni molto lunghe”.
Processi di Riorganizzazione. “È un caotico susseguirsi di modelli differenti”
In questo contesto l’Anac parla anche poi dell’impatto dei processi di riorganizzazione segnalando come “è costante la descrizione di una attività di continuo rimescolamento dei modelli organizzativi degli enti appaltanti. Dalle relazioni si desume come, nel decennio passato, la ricerca di efficienza degli enti del servizio sanitario, resa ancora più acuta dal diminuire delle risorse disponibili, si stia attuando con un caotico susseguirsi di iniziative che alternano modelli organizzativi differenziati. Accorpamenti territoriali cui seguono riaccorpamenti con criteri diversi, quali ad esempio quelli funzionali, visioni o modelli piramidali che vengono sostituiti da modelli a matrice, per limitarsi alle più diffuse situazioni, fanno si che gare predisposte se non avviate, subiscono ritardi o riedizioni, previamente annullate/revocate, per l’esigenza di ridefinire l’oggetto o le quantità, o ancora dilatazione dei tempi per permettere il riallineamento di differenti contratti in corso così da consentire gare con oggetto più ampio. Le scelte degli enti appaltanti sono difficilmente censurabili ove le motivazioni addotte fondino le ragioni sulla maggiore efficienza ed economicità. Tuttavia, il risultato finale è che la proroga tecnica è utilizzata – come detto – quale ammortizzatore delle scelte riorganizzative e di altri fattori”.
Centrali d’acquisto. “Senza programmazione si sono determinati effetti distorsivi”
“La chiara indicazione del legislatore – prosegue l’Anac -, sia nazionale che della stragrande maggioranza delle regioni, di obbligare gli enti del servizio sanitario a forme di acquisto sempre più unificate ove non attuata attraverso una specifica programmazione, ha di fatto determinato, nelle situazioni monitorate, effetti distorsivi. La normativa inoltre spesso contiene divieti assoluti per le stazioni appaltanti di procedere in autonomia a nuove procedure. Al contempo, l’organo deputato alla gara centralizzata spesso le avvia con ritardo, dovuto principalmente alla esigenza di programmare le gare stesse – con cadenza pluriennale – sulle diverse tipologie di beni o in altri casi per la difficoltà di uniformare le esigenze di strutture spesso molto diversificate.
La necessità di garantire i servizi obbliga le amministrazioni in questa condizione a prorogare i contratti in essere, più volte. Il quadro fattuale delle esperienze di centralizzazione che deriva dalla lettura delle relazioni del campione appare segnato da una carenza di raccordo tra la previsione normativa e la realtà operativa”.
Fonte: quotidianosanità.it