Welfare. I lavoratori delle cooperative sociali in piazza del Campidoglio contro il lavoro gratuito e precario. Inviata una lettera al Commissario Tronca: “Il lavoro va pagato, basta gare al massimo ribasso”
Pubblichiamo questo bel pezzo di Roberto Ciccarelli da “il Manifesto” in cui si racconta la piazza dei lavoratori travolti da Mafia Capitale
Il grigiore della Roma più triste, paurosa e commissariata sarà interrotto alle 16 di oggi [4 dicembre 2015 NdR] da un’ampia coalizione dei lavoratori delle cooperative sociali che lavorano nell’accoglienza, nel sociale, nei servizi. Si sono dati appuntamento per uno speakers’ corner in piazza del Campidoglio, lì dove oggi governa il commissario Francesco Paolo Tronca. Nel cuore della città sospesa, e alluvionata dalla catastrofe Marino e dalle indagini sugli affari della coppia Buzzi-Carminati, oggi a processo, si manifesterà l’altra “faccia di Mafia Capitale”. Così si definiscono i lavoratori in una lettera aperta indirizzata ieri a Tronca in cui si parla di sfruttamento, lavoro gratuito e precario, addirittura di “lavoro schiavile”. Tutto questo accade della Capitale, travolta dalle indagini.
“Siamo quelli che stanno alle frontiere della città, dal centro alle periferie, dalla stazione Termini a Tor Sapienza – scrivono i lavoratori in una lettera inviata a Tronca — Lavoriamo nei centri d’accoglienza per garantire il minimo (e, se ci riusciamo, qualcosa in più) di dignità ai migranti che passano per Roma. Siamo gli operatori dei centri della sanità privata convenzionata, ormai più del 70% della sanità pubblica nella nostra Regione. Siamo i lavoratori di ATAC e del trasporto pubblico locale, siamo le maestre degli asili comunali, siamo i lavoratori dei canili, siamo i manutentori del verde pubblico, siamo gli operatori sociali”.
Questa dichiarazione di esistenza si fa ascoltare nel deserto romano. L’elenco delle categorie trova un senso alla luce di una condizione materiale drammatica: “Non veniamo pagati, veniamo pagati poco, non abbiamo garanzie, non abbiamo diritti”. Una situazione già nota per chi lavora, precariamente, in questi settori di confine, necessari per praticare quel minimo di civiltà residua in una città ridotta al lumicino. “Al di là di qualche arresto esemplare – questo è il racconto dell’ “altra faccia di Mafia capitale” — è rimasto in piedi per intero quel sistema degli appalti pubblici senza controllo e delle cooperative che non è solo all’origine della corruzione, ma che è anche la causa del lavoro non pagato, sottopagato, discontinuo, precario”.
A Tronca questi lavoratori chiedono di “assumersi la responsabilità dei servizi che appalta”. Le “stazioni appaltanti” devono assumersi “la responsabilità del regolare pagamento delle retribuzioni ai lavoratori”. Al commissario viene inoltre chiesto di “inibire le gare ai soggetti che non hanno rispettato i diritti dei lavoratori, che non rispettano i diritti del contratto nazionale”. E poi la battaglia delle battaglie in tutto in un settore che muove entrate per 64 miliardi di euro, il 3,4% dell’economia nazionale: mettere per una volta la parola fine alla logica del massimo ribasso nelle gare di appalto.
“Il costo del lavoro dev’essere considerato come un costo incomprimibile”. La norma va rivista imponendo l’osservanza di una “clausola sociale forte”, a difesa dei lavoratori e dei soggetti con i quali lavorano quotidianamente. In questi casi, infatti, la precarietà non nuoce solo a chi lavora, e alle rispettive famiglie, ma si abbatte anche sui migranti, i pazienti, gli assistiti. La precarietà indotta dallo Stato, e dagli enti sociali, è diventata una bomba sociale a frammentazione che ha colpito la sinapsi, oltre che i diritti, in una città di 3 milioni di abitanti.