Residenze sanitarie in affanno e Pronto Soccorso presi d’assalto…
Residenze sanitarie, in affanno le strutture. Le Rsa da strutture indispensabili e costrette quasi ad un iper-lavoro fino a qualche tempo fa, ora fanno invece fatica; dall’altra parte ci sono gli ospedali, con i Pronto Soccorso sempre più affannati per il continuo afflusso di tutti quei pazienti “impropri”, che in caso di riacutizzazione della propria patologia non possono far altro che ricorrere alle cure in emergenza, in mancanza di una adeguata e diffusa medicina di territorio. Già gli ultimi dati del rapporto ISTAT 2014 contenevano dati preoccupanti: oltre il 40% della popolazione italiana degli over 65 è affetta da almeno una malattia cronica.
Famiglie sempre più sole
Un futuro che si profila molto critico, con le famiglie lasciate spesso sole ad affrontare i problemi di cura e con i servizi di assistenza a lungo termine forniti dagli enti territoriali in modo frammentato e disomogeneo e concentrati in alcune regioni. Ad oggi sono attivi circa 250.000 posti letto residenziali e semiresidenziali concentrati in gran parte al Centro e al nord Italia. C’è una differenza sostanziale tra Rsa e Case di Riposo, in gergo comune conosciute anche come ospizi. Le prime sono residenze sanitarie assistenziali, a carattere sanitario, medico, vengono autorizzate all’esercizio dalle Regioni e rispettano requisiti normativi e standard di qualità elevatissimi. Le case di riposo sono altra cosa, sono autorizzate dai Comuni e hanno una mission diversa, socio-assistenziale, non hanno personale medico forniscono ospitalità ed assistenza, ma non cure sanitarie.
Il turismo sanitario interessa il Veneto, la Lombardia, il Piemonte, il Friuli. Il motivo di questo esodo è rintracciato dagli esperti di politiche sanitarie, in due variabili: il fabbisogno di posti letto e quindi nella programmazione sanitaria regionale e nel meccanismo di pagamento delle rette. Nella maggior parte delle realtà regionali infatti il ricovero presso una residenza sanitaria assistita prevede una quota a carico del Servizio Sanitario Regionale (che può variare dal 50% al 70%) e la parte restante (il restante 50% o 30%), compartecipazione alla spesa che fa riferimento alla parte “sociale” a carico del paziente/utente o del comune se è indigente.