Una storia a lieto fine quella del marchio italiano di strumenti giocattolo sulla via del fallimento salvato con l’aiuto di CFI e Legacoop con una cooperativa di lavoratori
Con la crisi un altro marchio italiano ha rischiato la scomparsa. Si tratta dell’abruzzese Bontempi famosa per gli strumenti musicali rivolti soprattutto ai più piccoli che, dopo oltre 70 anni di attività, nel 2008 è entrata in crisi ed ha rischiato il fallimento. Il gruppo, 3 poli produttivi, per 6 stabilimenti e 450 addetti oggi è in concordato preventivo, ma 2 anni fa 18 operai hanno messo insieme 132 mila euro ed hanno prima affittato e poi rilevato, per 250 mila euro, un ramo d’azienda, quello degli strumenti giocattolo per bambini. Attraverso la Cooperativa Abruzzo Lavoro con 57 mila euro iniziale, di capitale hanno pianificato di investire altrettanto nel rinnovo degli impianti nello stabilimento di Martinsicuro ed hanno ripreso la produzione . L’operazione è stata resa possibile da un contributo iniziale di 180 mila euro di Cooperazione Finanza Impresa (CFI) – la società che finanzia la nascita di cooperative ed è partecipata dal Ministero dello Sviluppo Economico, da Invitalia e da 270 imprese cooperative – e da un altro finanziamento di 130 mila euro impegnato da Coopfond, il fondo Mutualistico di Legacoop.
Il workers buy out (Wbo), come viene definito l’acquisto di un azienda da parte dei suoi lavoratori – grazie anche alla comodato gratuito degli stampi originali per la plastica concesso dai precedenti proprietari, indispensabili per competere sul mercato con l’agguerrita concorrenza cinese che non può rivaleggiare in designe e qualità dei materiali – ha permesso alla Bontempi formato coop di fatturare 3 milioni di euro nel primo anno di attività e di arrivare a quasi 10 milioni nel 2015. Un risultato raggiunto anche grazie alla iCom una società creata appositamente dal ex amministratore di Bontempi, Andrea Ariola, per commercializzare i prodotti realizzati. Già oggi si contano 35 addetti e per i prossimi anni si prevede d’incrementare il fatturato del 3 per cento all’anno.
Il Workers Buy Out in Italia, nonostante la crisi che ha messo in grosse difficoltà tante piccole e medie imprese, non è ancora così diffuso come negli Usa ed in America Latina dove in molti i lavoratori hanno rilevato le aziende in cui lavorano attraverso cooperative o società per azioni. Le imprese che affrontano questo tipo di passaggio nel 30 per cento dei casi dopo tre anni sono in grado di superare la crisi e tornare a produrre reddito,
l’anno.