Progetto formativo per operatori della vita assistita
Antonietta Mastrangelo
Presentato a Roma presso il Teatro San Gaspare il 26 gennaio 2018 il progetto CareVET, un approccio formativo rivolto agli operatori della vita assistita attraverso l’utilizzo delle biotecnologie. Il 26 gennaio 2018 a Roma presso il teatro della chiesa di San Gaspare a Roma si è tenuto l’incontro per la presentazione del progetto Care V.ET. Si tratta di un approccio formativo innovativo, rivolto agli operatori della vita assistita; tra i principali temi discussi al Convegno vi sono state le tecniche terapeutico-relazionali e utilizzo di soluzioni tecnologiche, una combinazione di elementi vincenti per rendere più semplice ed efficace il lavoro delle figure professionali che operano in ambienti assistiti ma contemporaneamente per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità in termini di autostima e autonomia.
Il progetto CareV.E.T. è finanziato dal programma Erasmus Plus della Commissione Europea e vede la partecipazione di:
Omega Technology, Ergastiri e SenseWorks (Grecia)
Università delle Scienze Applicate di Francoforte (Germania)
Et Labora e Tandem (Italia)
Cyprus Certification Company (Cipro)
Nell’ambito del progetto è stato definito un percorso formativo con lo scopo di fornire competenze e conoscenze relative a tecniche di terapia nonché le conoscenze necessarie, per utilizzare in modo proficuo soluzioni tecnologiche avanzate assemblate in un toolkit appositamente realizzato che è stato presentato durante la conferenza.
Obiettivo primario dell’incontro realizzatosi venerdì scorso è stato quello di affrontare in maniera più ampia il tema della disabilità e dell’assistenza alle persone con disabilità intellettiva, proponendo varie testimonianze dell’esperienza di ricerca e inclusione sociale e lavorativa in Italia. Tra i diversi relatori interessante è stato l’intervento della dottoressa Francesca Schettino (bioingegnere presso la Fondazione Santa Lucia in Roma), attiva nell’ambito della medicalizzazione tecnologica, che ben si colloca all’interno del progetto CareV.E.T. proprio per le sue finalità di presa in carico nell’ambito della riabilitazione delle persone con gravi disabilità motorie, anche in seguito al verificarsi di un evento traumatico in ambito lavorativo, attraverso l’utilizzo di sistemi tecnologici all’avanguardia. L’attività svolta dalla dottoressa Schettino, mira alla traslazione dei prototipi di Interfaccia Cervello-Computer (Brain Computer Interface –BCI), attualmente disponibili nei laboratori di ricerca, in dispositivi usabili in maniera indipendente dagli utenti finali (persone con gravi disabilità motorie) nelle proprie case. I sistemi BCI traducono i segnali cerebrali in segnali di controllo che possono sostituire, ripristinare, potenziare, integrare o migliorare le funzionalità del sistema nervoso centrale. Non richiedendo l’utilizzo di muscoli e nervi periferici, questi sistemi possono rappresentare un canale di comunicazione alternativo/aggiuntivo per le persone affette da gravi disabilità motorie. Il focus è ancora sulle caratteristiche funzionali dei sistemi BCI (es. accuratezza ed efficienza), in quanto ancora in fase di perfezionamento, mentre la ricerca ha fatto passi in avanti in termini di usabilità di questi sistemi come tecnologie assistive. Durante il tirocinio e la collaborazione professionale con il laboratorio di immagini neuro elettriche e interfacce cervello-computer della Fondazione Santa Lucia IRCCS, la ricercatrice ha sviluppato e validato un nuovo algoritmo di classificazione, che migliora l’usabilità e l’affidabilità dei sistemi BCI, basati sul loro potenziamento in contesti di utilizzo domestici. Questo algoritmo è stato testato come componente di un sistema BCI per il controllo ambientale durante il Progetto Europeo SM4All. In tale occasione la dottoressa ha dimostrato come l’utilizzo di un BCI, non richieda necessariamente che l’utente sia costantemente concentrato nel compito cognitivo, necessario per modulare le risposte cerebrali, aspetto quest’ultimo che limita notevolmente l’usabilità dei sistemi BCI. Al contrario, ella ha proposto un approccio originale, basato sulla classificazione di specifiche caratteristiche del segnale EEG (elettroencefalogramma), per distinguere fra i periodi di utilizzo intenzionale del BCI ed i periodi in cui l’interfaccia deve ignorare l’input dell’utente. La dottoressa ha inoltre ideato e validato un approccio innovativo per eliminare la necessità di una calibrazione esplicita di tali dispositivi, basandosi su un aggiornamento non supervisionato dei parametri di controllo. Ella ha collaborato inoltre a molteplici ricerche, tra cui il progetto Brindisys (Brindisys – Supporting Autonomy through Brain-Computer-Interface Devices: A research project) finanziato dall’Agenzia Italiana per la Ricerca sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica (AriSLA), in cui si è occupata della progettazione e della validazione di una tecnologia assistiva, fondata sull’utilizzo del sistema BCI, per facilitare la comunicazione e l’interazione con l’ambiente esterno nelle persone affette da SLA. Attualmente, dopo la collaborazione come Post-Doc al progetto europeo “BNCI Horizon 2020: The future of Brain/Neural Computer Interaction, si occupa di identificare nuove strategie per il trasferimento tecnologico dei sistemi BCI e collabora come bioingegnere presso il Servizio di Ausilioteca per la Riabilitazione Assistita con Tecnologia (SARA-t), all’interno della Fondazione Santa Lucia, dove svolge attività di ricerca per fornire soluzioni tecnologiche personalizzate, per aumentare le possibilità di comunicazione e interazione con l’ambiente da parte delle persone affette da disabilità. Si tratta di attività di alta ricerca tecnologica, svolte da ricercatori di grande spessore, i quali collaborano all’interno della Fondazione Santa Lucia, fornendo la loro grande esperienza nell’ambito delle biotecnologie, della robotica applicata allo svolgimento delle azioni della vita quotidiana delle persone con disabilità motorie gravi. Tali azioni rappresentano un percorso molto importante per il Centro riabilitativo in questione, in quanto offrono all’utenza che ne necessita, valide soluzioni alternative per l’acquisizione di una vita indipendente, molte delle quali personalizzate come precedentemente illustrato tra le attività di ricerca svolte dalla dottoressa Schettino, a seconda dei bisogni espressi dalla persona con le sue specifiche esigenze sensoriali o motorie. In questo senso il gruppo di ricercatori operante all’interno della realtà Santa Lucia ne rappresenta massima espressione per quanto concerne la ricerca applicata alla realizzazione di soluzioni all’avanguardia, per consentire alla persona in stato temporaneo (per un infortunio subito sul lavoro ad esempio), o permanente (dovuto all’insorgere di una malattia genetica o comunque per un infortunio sul lavoro, che ha cagionato alla persona un danno fisico tale da compromettere per sempre la qualità della sua vita), di vivere nel miglior modo possibile la vita di tutti i giorni, in assoluta autonomia, non solo in ambienti esterni, ma anche e soprattutto nel proprio ambiente domestico. Una conquista dunque in continua evoluzione per quanto attiene il versante delle biotecnologie applicate all’utilizzo umano in caso di gravi disabilità motorie.