Dopo un cammino complesso che ha portato alla diffusione e allo sviluppo di centinaia di migliaia di imprese che oggi si definiscono cooperative sociali nel nostro Paese, vi è oggi da chiedersi se ne è valsa la pena.
Alla fine degli anni 80 e 90 il nostro Paese era stato attraversato da grandi speranze di cambiamento, dalla voglia di partecipazione, dall’utopia di una società migliore e più giusta. In molti allora si scelte strade diverse, chi la politica, chi si affidò a tentazioni anche estreme come quelle della contestazione dura e finanche alla partecipazione al terrorismo, ma molti scelsero la strada dell’impegno sociale, del volontariato, del coinvolgimento nella costruzione di comunità e di cooperative come sbocco di un nuovo modo di costruire percorsi di sviluppo ed emancipazione per la liberazione degli ultimi, dei diseredati, dei disabili, dei tossicodipendenti, dei detenuti, Una strada fatta di tanto lavoro quotidiano, di vera condivisione, di sentimenti e di valori che sentivamo crescere in noi e che ci permetteva di toccare con mano il progresso dei nostri sforzi. La fase che si aprì con l’approvazione della Legge sulla cooperazione sociale, della mitica 381 del ’91, fu in effetti il punto di snodo di una socialità diffusa che provò a costruire nuovi servizi per la collettività in uno Stato che pian piano dismetteva la sua gestione e progetti di impresa per l’inclusione lavorativa di tante persone con disabilità, disagio psichico, svantaggio sociale che usciva da una condizione di restrizione e di emarginazione,
Un progresso che insieme ai tanti altri che hanno attraversato in quegli anni il nostro Paese ha contribuito a cambiare questa società, a supplire al ruolo dello Stato e a far trovare un ruolo a tante persone in difficoltà.
Ma il progresso sembra quasi che ci ha superati, ci sentiamo ormai orfani di quegli anni, di quelle battaglie nelle quali lottavamo per la sopravvivenza e forse oggi avvertiamo il logoramento dei nostri modelli organizzativi a fronte di una società che ha trapassato quei valori e quei sentimenti e nella quale siamo stati messi pesantemente in discussione. Le inchieste giudiziarie sul nostro mondo ci hanno trovato impreparati ad affrontare le ingiuste generalizzazioni ed hanno scavato ancora di più la distanza e la diffidenza tra le nostre cooperative creando ulteriori problemi di comunicazione e di solidarietà cooperativa. Così abbiamo finito per accettare inconsciamente il ridimensionamento imposto anche dalla crisi economica e siamo divenuti gli utili idioti di un mondo che non può fare a meno di noi ma che al contempo ci detesta, tra cui purtroppo anche tanti soci e lavoratori delle nostre cooperative.
E allora da cosa ripartire, con quali obiettivi, con quali alleati e per fare cosa vista la globalizzazione che ha attraversato anche il mondo dei servizi sociali e sanitari.
Vi sarà ancora un futuro per la cooperazione sociale o no? Proviamo a discuterne insieme anche attraverso questo strumento del portale www.sociale.it che vorremmo rilanciare per superare le nostre malinconie e provare a costruire un confronto a distanza sul futuro delle nostre esperienze di vita cooperativa.