Università impreparate alla disabilità, Il Fatto Quotidiano dedica una ampia inchiesta che Sociale.it riporta sintetizzandola:
“La legge n.17 del 1999 impone alle università italiane di offrire adeguati servizi, sia per l’accesso fisico alle strutture sia per le normali attività didattiche. Invece ci sono carenze di assistenti personali, di materiale didattico e di banchi, aule e strutture accessibili. Pochi assistenti personali per seguire le lezioni all’università o aiutare a sostenere gli esami scritti, mancanza nelle aule di banchi accessibili per le carrozzine, servizi di trasporto quasi inesistenti, oltre alle enormi difficoltà per andare al bagno e alla carenza di materiale didattico da fornire a quei ragazzi che non possono prendere appunti. È la situazione in cui si trovano a vivere, tutti i giorni, moltissimi studenti con disabilità iscritti negli atenei italiani. Le cose non dovrebbero funzionare così. Infatti la legge n.17 del 1999 impone alle università di offrire adeguati servizi agli studenti disabili, sia per ciò che riguarda l’accesso fisico alle strutture sia per le normali attività didattiche. “Tutte le volte che devo andare al bagno e non sono nell’edificio principale della mia università, sono costretto ad inviare una mail alla segreteria disabili una settimana prima (sempre entro il mercoledì successivo), dicendo che il giorno x all’ora x ho bisogno di qualcuno che mi porti in bagno, ma queste sono cose che non posso prevedere“. A raccontarlo a Ilfattoquotidiano.it è Pasquale Improta, ragazzo con atrofia muscolare spinale, iscritto al secondo anno della facoltà di Giurisprudenza dell’Università Bicocca di Milano. Oltre a lui, anche altri quattro studenti con disabilità hanno raccontato la loro esperienza diretta, tra chi ad andare al bagno proprio ci rinuncia e torna a casa, chi dopo le ore 15 rimane senza un trasporto “mentre spesso le lezioni finiscono alle 18”, chi devo scrivere da solo durante gli esami e ha giusto un assistente “che mi gira le pagine” e chi non può neanche accedere alla mensa per mangiare con i colleghi. Ci sono anche aspetti positivi, tengono a dire, ma spesso sono semplicemente la gentilezza dei docenti e del (poco) personale a disposizione. Gli studenti raccontano di disservizi e criticità presenti anche in altri atenei milanesi e non. Il sistema universitario ha sostanzialmente due problemi. Da una parte permettere l’accesso fisico alle strutture per tutti. Dall’altra garantire il diritto allo studio, con attrezzature tecniche, forme individuali o collettive di ausilio tecnico-funzionale, specifico materiale didattico e personale di sostegno. Con l’emanazione della legge di quasi un ventennio fa, l’impegno degli atenei nei confronti degli studenti disabili si è indirizzato non solo nella direzione dell’abbattimento delle barriere architettoniche ma anche nel riconoscimento di particolari agevolazioni contributive a beneficio delle famiglie. Ma quanto è stato fatto non è sufficiente, come raccontano gli stessi studenti a Ilfattoquotidiano.it.
Le famiglie unico aiuto
“Quando mancano assistenti personali messi a disposizione dall’ateneo, mi risulterebbe impossibile frequentare e sono costretto tutte le volte a chiedere a mia mamma di accompagnarmi ai corsi e a stare con me tutto il tempo che sono in facoltà. Non mi sembra una cosa giusta”, dice sempre Pasquale, spiegando qual è la sua situazione all’Università Bicocca. “L’inclusione degli alunni disabili è una questione trattata soprattutto nell’ambito della scuola primaria e secondaria, ma si parla troppo poco dei disservizi che devono affrontare anche gli studenti con disabilità che decidono di continuare il loro percorso di studi dopo il diploma di scuola superiore”, spiega la stessa madre Mariarosaria Esposito. “Un altro problema – spiega Pasquale – è il mancato affiancamento: durante l’ora di lezione non c’è nessuno che rimanga con me per prendere appunti, bere, mangiare o soffiarmi il naso, tutti gesti che si ripetono diverse volte nell’arco della giornata”. “Io posso farli solo grazie a mia madre – continua lo studente – Però non tutti i ragazzi disabili hanno questa fortuna. Per questo chiedo un affiancamento diretto e quotidiano per tutti i ragazzi con gravi disabilità, nel rispetto dello studio per tutti“. “Poi – aggiunge il ragazzo che aspira a diventare un avvocato – ci tengo a precisare che ci sono anche aspetti positivi che mi rendono le cose meno complicate, come l’attenzione dei docenti e la loro grande disponibilità a venire incontro alle mie esigenze, soprattutto durante le prove di esame. Disponibilità e gentilezza sono importanti ma non bastano a eliminare tutti gli ostacoli che dobbiamo affrontare”.“Alla Cattolica il servizio trasporti termina alle 15, le lezioni finiscono almeno 3 ore dopo”Mohammed Baidi è un italo-marocchino iscritto al corso di Economia e Gestione aziendale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Momo (così lo chiamano i suoi amici) precisa subito che la sua “lotta per rendere accessibile l’ateneo non la sto facendo solo per me, uno dei pochi musulmani praticanti iscritti alla Cattolica” dice sorridendo, ma è per tutti gli studenti disabili. “I ragazzi della segreteria mi conoscono bene perché spesso vado da loro per aggiornarli sui vari disservizi. Sono gentili ma anche troppo pochi, meno di dieci e suddivisi tra il turno della mattina e quello del pomeriggio, di fronte ad almeno 200 studenti disabili. A volte se devo andare al bagno e devo farmi accompagnare da uno di loro, sono costretto ad aspettare un sacco di tempo perché c’è la coda”, racconta. Anche raggiungere la Cattolica o ritornare a casa può diventare un’impresa. “Ad esempio – afferma Mohammed – c’è solo un pulmino per il servizio trasporti a disposizione per tutti. Ma così gestire, organizzare e realizzare un servizio decente è impossibile. Infatti, termina alle ore 15: peccato che le lezioni di economia finiscano spesso oltre le 18” . “Chi come me – continua Momo che vive su una carrozzina elettrica e ha una patologia neuromuscolare – non ha i genitori che possono venire a prendermi in università, è costretto a tornare a casa da solo”. Usando i mezzi pubblici, non sempre facili da prendere. I problemi continuano nelle aule, “non tutte accessibili”, dove mancano “banchi adatti alle carrozzine e, quasi sempre, sono costretto a seguire le lezioni davanti a tutti, separato dagli altri compagni di corso, sotto il maxischermo e con conseguenti dolori alla schiena e al collo. Ditemi se questa è inclusione?“, lamenta Mohammed. Grazie all’aiuto del suo educatore personale, può supplire all’assenza di materiale didattico ad hoc facendo la sintesi dei libri. “Sono in pochi che si lamentano di queste situazione – conclude Mohammed – forse per paura o senso di impotenza non so, ma è ora di chiedere che le cose migliorino, credo sia un nostro diritto”.