Sono la flat tax e la mini IRES per le PMI le due novità fiscali più rilevanti introdotte dalla manovra 2019, legge 145/2018, che contiene un corposo pacchetto relativo alle tasse, con modifiche che riguardano sostanzialmente imprese e partite IVA. C’è poco o niente per il contribuente, nessun intervento sull’IRPEF paragonabile per ampiezza a quelli che riguardano gli autonomi e le imprese.
Vediamo le principali misure fiscali contenute nella legge di bilancio 2019.
La flat tax al 15% riguarda esclusivamente le partite IVA, estendendo di fatto l’applicazione del regime forfettario. Dal primo gennaio 2019, accedono gli autonomi che fatturano fino a 65mila euro. Un paletto più alto rispetto agli attuali limiti che variano a seconda della tipologia di attività. Per il resto, il meccanismo resta invece uguale: si determina l’imponibile applicando ai ricavi il coefficiente relativo alla propria attività.
In tabella i coefficienti con i relativi settori e codici Ateco (di fatto, sono gli stessi applicati negli anni scorsi al regime forfettario).
Non c’è più il vincolo dei 30mila euro di reddito massimo da lavoro dipendente, per la compatibilità con il regime forfettario. L’unico paletto è rappresentato dalla clausola che va a contrastare le false partite IVA non consentendo l’accesso al regime fiscale agevolato a chi fattura prevalentemente nei confronti di ex datori di lavoro (rilevano i due periodi d’imposta precedenti), o società ad essi riconducibili.
Dal 2020 scatta un’ulteriore agevolazione, sempre per le partite IVA, con applicazione di un’aliquota fiscale agevolata del 20%, per i redditi da 65mila a 100mila euro. Attenzione: in questo caso, il meccanismo è diverso. Non si tratta di un ampliamento della platea del regime forfettario, con il conseguente meccanismo sopra riportato di calcolo dell’imponibile, che continua a essere determinato in modo ordinario.
Tassazione al 15%, sostitutiva di IRPEF e addizionali, anche per i compensi derivanti dall’attività di lezioni private e ripetizioni, svolte dagli insegnanti titolari di cattedre nelle scuole di ogni ordine e grado. Obbligatoria una comunicazione all’amministrazione di appartenenza. Secondo i calcoli dei commercialisti, i risparmi per le partite IVA nel 2019 saranno pari a 4,8 miliardi di euro.
Per quanto riguarda più nello specifico le imprese, la misura di agevolazione più innovativa riguarda in particolare le PMI, con la mini IRES al 15% sugli utili reinvestiti. Prevista dal comma 28 della manovra, si applica alla parte corrispondente agli utili accantonati a riserve destinati a investimenti effettuati in beni strumentali materiali nuovi o al costo del personale dipendente assunto con contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato. Attenzione: contemporaneamente all’introduzione di questo sconto IRES di nove punti sugli utili reinvestiti, sono abolite l‘IRI (imposta sul reddito degli imprenditori), e l’ACE (aiuto alla crescita economica).
Confermate le agevolazioni per le imprese che investono in Industria 4.0. In realtà, non c’è più il super ammortamento sull’acquisto di beni strumentali nuovi, mentre resta l’iper ammortamento sugli investimenti 4.0, pur con una rimodulazione che è favorevole alle PMI (ma non alle altre imprese): maggiorazione pari al 170% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro (quindi, superiore a quella al 150% prevista lo scorso anno), che si riduce poi al 100% per investimenti fra 2,5 milioni di euro e 10 milioni di euro e al 50% fra 10 e 20 milioni di euro. La proroga è per il 2019, sempre con il meccanismo per cui possono rientrare anche i macchinari acquistati l’anno successivo (quindi, entro il 31 dicembre 2020), ma con ordine entro la fine del 2019 e il pagamento di almeno il 20% del dovuto. Proroga 2019 (inserita nel corso del passaggio parlamentare) anche per il credito d’imposta alla formazione 4.0, che viene a sua volta rimodulata, sempre a vantaggio delle PMI: passa al 50% per le piccole imprese, resta al 40% per le aziende di media dimensione, in entrambi i casi con tetto a 300mila euro, mentre scende al 30% per le grandi imprese, con limite di spesa a 200mila euro.
Stretta invece sul credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo (comma 70): il tetto massimo scende a 10 milioni di euro (dai precedenti 20 milioni), e l’aliquota resta al 50% solo per alcune attività e tipologie di spesa (ad esempio, il personale), ma scende al 25% per altre.
Altra novità, inserita fra l’altro nell’ambito del percorso parlamentare, la web tax sulle imprese digitali, con fatturato pari ad almeno 750 milioni di euro, di cui 5,5 milioni da servizi digitali in Italia. L’imposta è pari al 3% dei ricavi digitali (quelli tassabili, sono elencati nella norma), e si paga trimestralmente.
Infine, il passaggio parlamentare ha inserito in manovra l’atteso saldo e stralcio delle cartelle esattoriali dal 2000 al 2017. La misura, originariamente prevista all’interno del decreto che contiene la pace fiscale, alla fine è invece confluita nella Legge di Bilancio. Prevede che si possano sanare le pendenze fiscali e contributive versando aliquote differenziate in base all’ISEE: si paga il 16% se l’indicatore della situazione economica equivalente non supera gli 8mila 500 euro, il 20% per ISEE fra 8mila 500 e 12mila 500 euro, il 35% fra 12mila 500 e 20mila euro.
In corso c’è la pace fiscale, prevista dal dl 119/2018, sempre sulle cartelle affidate all’Agente della riscossione dal 2000 al 31 dicembre 2017, che prevede il pagamento integrale delle somme dovute ma senza sanzioni e interessi (è la cosiddetta rottamazione ter), con possibilità di rateazione fino a cinque anni. Le domande si presentano entro il 30 aprile 2019.