Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 2019 a Roma, nel centralissimo rione XX Testaccio a due passi dalla Piramide Cestia, la pacchia è finita per un altro clochard. E’ morto di freddo. E’ il secondo, nello stesso rione, nell’arco di una settimana. L’altro ha finito i suoi giorni in una capanna che ha preso fuoco sulle rive del Tevere sotto Ponte Testaccio, con il panorama dell’archeologia industriale del Gazometro. Forse ora qualcuno si accorgerà anche delle condizioni pessime, salvate negli ultimi mesi da un gruppo di volontari (non i maniaci dell’adesivo, ma cittadini senza alcuna pettorina o appartenenza), in cui versa il Parco della Resistenza dell’8 settembre 1943. Ma noi residenti abbiamo poco da lamentarci, almeno una volta all’anno infatti viene pulito in occasione dell’annuale deposizione della corona ai caduti da parte del Presidente della Repubblica. Di lui resta un nastro giallo e rosso con la dicitura “Comune di Roma”. E no, quando muore un senza fissa dimora – magari “straniero” – non funzione come sulla serie C.S.I infatti ci sono ancora i suoi poveri stracci e la bottiglia in cui avrà bevuto l’ultimo sorso per dimenticarsi del freddo. Proprio ieri – ironia del calendario – la “sindaca a sua insaputa” di questa incattivita e indifferente città, con una delibera che ha poi prontamente ritirato, sommersa dalle polemiche – ha rivendicato per le casse del Comune di Roma l’introito annuale di circa 1 milione di euro di monetine gettate da sempre nella Fontana di Trevi e che dai primi anni Duemila erano destinate alla Caritas. Si dirà…magari lo propongono per farci magari bandi e progetti destinati sociale? Ma chi? Questa amministrazione che del sociale, della disabilità grave e gravissima, dei servizi municipali di assistenza all’Alzheimer e molto altro, ha fatto carne da macello? E intanto Roma continua ad essere quella “città in cui c’è troppa gente senza casa e troppe case senza gente” come diceva il sindaco Giulio Carlo Argan. E nei gruppi facebook dedicati ai quartieri – e Testaccio non fa eccezione, anche se ammantato di una retorica di “solidarietà popolare” che da tempo non ha un reale fondamento – intanto si inneggia ai roghi dei campi rom, alle ronde per “difendere i nostri spazi”. Ma già un nuovo gruppo di “food and beverage” è pronto a sbarcare in questo rione della “movida” dei 1.000 euro al mese di affitto per un monolocale, con buona pace delle botteghe e degli esercizi familiari e artigianali. E del “barbone” alla fine, non interessa a nessuno.