I disturbi dello spettro autistico (dall’inglese Autism Spectrum Disorders, ASD) sono un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo caratterizzati da deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale in molteplici contesti e pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti, ripetitivi.
Le caratteristiche della sintomatologia clinica possono essere estremamente eterogenee sia in termini di complessità che di severità e possono presentare un’espressione variabile nel tempo. Inoltre, le persone nello spettro autistico molto frequentemente presentano diverse co-morbilità neurologiche, psichiatriche e mediche di cui è fondamentale tenere conto per l’organizzazione degli interventi.
Gli studi epidemiologici internazionali hanno riportato un incremento generalizzato della prevalenza di ASD. La maggiore formazione dei medici, le modifiche dei criteri diagnostici e l’aumentata conoscenza del disturbo da parte della popolazione generale, connessa anche al contesto socio-economico, sono fattori da tenere in considerazione nell’interpretazione di questo incremento.
Attualmente, la prevalenza del disturbo è stimata essere circa 1 su 54 tra i bambini di 8 anni negli Stati Uniti, 1 su160 in Danimarca e in Svezia, 1 su 86 in Gran Bretagna. In età adulta pochi studi sono stati effettuati e segnalano una prevalenza di 1 su 100 in Inghilterra. Va ricordato che per comprendere la diversità delle stime di prevalenza è necessario considerare anche la variabilità geografica e le differenze metodologiche degli studi da cui tali stime originano.
In Italia, si stima 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenti un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi: i maschi sono 4,4 volte in più rispetto alle femmine.
Questa stima nazionale è stata effettuata nell’ambito del “Progetto Osservatorio per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico” co-coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute. Nel progetto, finanziato dal Ministero della Salute – Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria la stima di prevalenza è stata effettuata attraverso un protocollo di screening condiviso con il progetto europeo ‘Autism Spectrum Disorders in the European Union’ (ASDEU) finanziato dalla DG Santè della Commissione Europea.
Dati tratti da:
Ogni anno l’Istat realizza un’indagine sull’Inclusione scolastica degli alunni con disabilità. Per l’anno scolastico 2018-2019 si conferma il loro costante aumento. Gli alunni con disabilità sono al 3,3% degli iscritti (284mila complessivi di cui 117mila nella scuola primaria e scuola secondaria di I grado). La più frequente è “la disabilità intellettiva (42% degli studenti con sostegno), seguono i disturbi dello sviluppo (26,4%), meno diffusi i problemi sensoriali (8%)”.
Inoltre il “40% degli alunni con disabilità ha più di un problema di salute. Questa condizione è più frequente tra gli alunni con disabilità intellettiva che vivono una condizione di pluridisabilità nel 51% dei casi”. Dati questi che confermano quindi l’ordine di grandezza delle ricerche già citate.
Sociale.it grazie alle riprese e montaggio video a cura della Cooperativa Sociale Integrata MATRIOSKA – Roma ha realizzato un incontro con l’Associazione “Il Filo dalla Torre APS” e con la sua presidente la psicologa Adriana Onorati.
Clicca qui per vedere il video dell’intervista
Nel video è possibile vedere e ascoltare il racconto della responsabile dell’Associazione, tra i ricordi degli inizi e le cose imparate dal contatto quotidiano con bambini e adolescenti con autismo, fino alle riflessioni sulla “provocazione” dell’autismo alla Società odierna e alla presunzione di chi stabilisce a priori i percorsi maggiormente corretti ed adeguati per l’inclusione sociale.
L’ Associazione Il Filo dalla Torre orienta il suo lavoro di studio, ricerca ed intervento per l’evoluzione globale dell’essere umano, con autismo, ADHD e disabilità psichica.
Nell’ambito delle sue attività, l’Associazione sostiene la crescita globale di tutti i contesti di riferimento che gravitano intorno alla persona con disabilità.
Il lavoro quotidiano viene realizzato con amorevolezza e spirito di Servizio, nell’idea di percorrere con consapevolezza il Sentiero della Vita.
Uno dei primi pregiudizi da scardinare, per realizzare un buon lavoro con persone autistiche, è quello di utilizzare il confronto con la normalità, piuttosto che la peculiarità della loro modalità comunicativa.
La nostra lettura dei comportamenti e degli atteggiamenti dei bambini autistici rischia di restare caratterizzata unicamente dai codici usuali. Spesso, questo atteggiamento ci porta a prevenire e fermare le loro iniziative, spinti dalla nostra paura che possano far del male a se stessi o agli altri, o dal pregiudizio che il loro comportamento sia sconclusionato. Ciò accade, per esempio, tutte le volte in cui, l’operatore tende a fermare il bambino se si avvicina o prende degli oggetti che potrebbero rappresentare un pericolo, o che si pensa possano essere utilizzati esclusivamente in maniera stereotipata, come coltelli, penne, oggetti meccanici o elettrici. Ciò, per poi, magari, scoprire che il bambino ha preso il coltello solo per tagliare la pera!
Stando accanto a loro in questi anni, il gruppo dell’Associazione si è sorpreso a scoprire quanto il modo di comunicare, di ciascuno di essi, sia caratteristico e peculiare: è come scoprire un linguaggio segreto, eppure ovvio, se letto con occhi nuovi.
Rischiamo, spesso, di utilizzare la mente in modo automatico, più per confermare le nostre idee, che non per cercare nuove connessioni. I bambini autistici, o con altra disabilità psichica, sembra che utilizzino, invece, solo i sensi e le emozioni ed apprendano attraverso le connessioni tra le cause e gli effetti immediati.
I tre preconcetti, più diffusi e perniciosi, nel rapporto con i bambini autistici (e con qualsiasi essere umano), sono i seguenti:
1) Credere che l’assenza di linguaggio verbale coincida con l’assenza di comunicazione
2) Pensare, in modo rigido, che un’azione debba essere eseguita unicamente con la modalità più conosciuta e socialmente condivisibile
3) Ritenere che da una modalità comportamentale insolita, o socialmente poco condivisibile, non possa scaturire nulla di efficace