Con il boom delle app che controllano la nostra forma fisica cresce l’allarme sull’uso dei dati che raccolgono
Salute, cosa mi costi? È questa la domanda che dovremmo porci ogni volta che ci accingiamo a scaricare, sul nostro tablet o smatrphone, una delle ormai numerosissime app per la salute o il benessere presenti negli store Android, Apple e Windows Phone. Sono sempre di più i dispositivi sul mercato mobile dotati di sensori in grado di monitorare i nostri parametri vitali per darci consigli su come tenerci in forma o avvertirci di potenziali problemi. Certo, in una società narcisistica ed ipocondriaca come quella occidentale, dove wellness e wealthness sono veri e propri valori, non stupisce che il mercato per questo tipo di tecnologie sia fiorente, ma tanta attenzione da parte di colossi del mobile insospettisce. La preoccupazione di molti è che si vogliano raccogliere dati personali più sensibili: quelli relativi al nostro stato di salute. Anche Facebook è entrato nel settore con l’acquisizione della nota App per il fitness Moves, disponibile per Android e iPhone: Zuckeberg vuole forse aggiungere alla nostra pagina anche la cartella clinica?
Il nostro stato di salute: un mercato che fa gola
Per quanto riguarda il colosso social di Mountain View, l’allarme sembra rientrato con la sostanziale smentita che la tecnologia dell’app in qualche modo interagirà con la piattaforma on line, ma la questione non è priva di di fondamento. Infatti, le informazioni sul nostro stato di salute possono fare gola a molti – a partire da assicurazioni, banche, aziende farmaceutiche e sanitarie – e le app che raccolgono questi dati non sempre rivelano esplicitamente che uso ne viene fatto e come essi vengano conservati. È possibile che i dati vengano utilizzati solo a fini di ricerca di mercato, ma non bisogna dimenticare che ogni volta che scarichiamo un’app dallo store on line di android, Microsoft o Apple, lo facciamo attraverso il nostro dispositivo, ben identificato, e non anonimamente.
Salute e benessere mobile
Indubbiamente queste tecnologie contribuiscono a migliorare la qualità della nostra vita – tanto che la stessa Commissione europea ha recentemente promosso l’iniziativa mHealth proprio per studiare come rendere più efficiente ed economica la sanità pubblica in Europa – ma non sono esenti da rischi, compreso quello di fidarci di più di quello che ci dice l’app, piuttosto che di quello che ci direbbe un medico. Per quanto riguarda i dati, però, l’allarme è stato preso seriamente in Italia e nel mondo, tanto che il nostro garante della privacy ha deciso di avviare, nell’ambito del Privacy Sweep 2014 promosso Global Privacy Enforcement Network (GPEN), un’indagine conoscitiva su alcune app per la salute per verificare la trasparenza delle condizioni poste a chi le scarica e se rispettano la normativa italiana sulla protezione dei dati. Il garante ha inoltre realizzato una video-guida per evitare che i nostri dati ci vengano sottratti.
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“Chi possiede uno smartphone – ha evidenziato Antonello Soro, Presidente dell’Autorità italiana – normalmente ha attive in media 40 applicazioni che offrono servizi di vario genere, ma che sono in grado di raccogliere grandi quantità di dati personali, per esempio accedendo alla rubrica telefonica, alle foto oppure utilizzando dati di localizzazione. Spesso tutto ciò avviene senza che l’utente dia un consenso libero ed informato e questo può comportare rischi per la privacy. Occorre dunque un’adeguata definizione di garanzie e misure a tutela dei dati personali e a questo risponde l’iniziativa del GPEN”. Quindi, siamo tutti avvertiti: occhio ai nostri dati sensibili quando si scarica un app.