Legge 104, tra benefici e tutele: ma chi ne usufruisce può essere licenziato? Chi ne usufruisce perché è una persona con disabilità o ha un familiare con disabilità e quindi svolge la funzione di assistenza (caregiver) gode di una serie di benefici, tra cui i tre giorni di permesso retribuito al mese, la scelta della sede di lavoro e l’impossibilità di essere trasferito senza il suo consenso (salvo per oggettive necessità aziendali non diversamente superabili). Ma, scrive laleggepertutti.it, può essere licenziato chi ha la 104?
Il primo caso di licenziamento, e anche quello più frequente, si configura quando i permessi vengono usati per scopi diversi dal prestare assistenza al familiare con disabilità. La Cassazione ritiene necessario trascorrere la parte preponderante della giornata insieme all’assistito, non necessariamente nel suo stesso domicilio (sarebbe possibile anche in un’altra dimora, ad esempio quella delle vacanze). L’uso del permesso è compatibile con brevi momenti dedicati alle proprie necessità quotidiane (fare la spesa, prendere i figli a scuola o accompagnarli alle attività formative post scolastiche, fare una breve passeggiata con gli amici). L’importante è non snaturare la funzione del permesso, che è quella di un’assistenza diretta con il soggetto bisognoso. Secondo la Cassazione, chiedere un giorno di permesso retribuito per dedicarsi a “Qualcosa che nulla ha a che vedere con l’assistenza costituisce un odioso abuso del diritto“. L’abuso dei permessi integra il reato di truffa ai danni dell’Inps, oltre che una giusta causa di licenziamento (ossia in tronco). Tale comportamento, infatti, non solo lede il rapporto di fiducia tra il datore e il dipendente (contrariamente all’obbligo di fedeltà che la legge impone), ma finisce per procurare un danno anche alla collettività: il trattamento economico, durante i permessi, è infatti corrisposto solo in via anticipata dal datore, ma poi questi si rivale sull‘Inps. La violazione dei permessi può essere verificata con l’impiego di ispettori privati.
È ben possibile licenziare un dipendente per ragioni economiche, perché ad esempio c’è crisi o il datore intende ristrutturare l’azienda. Ma se il titolare della 104 è anche la stessa persona con disabilità, prima del licenziamento il datore deve verificare se può adibirlo ad altre mansioni compatibili con le sue possibilità fisiche. Si tratta del repêchage (che in realtà è obbligatorio in caso di qualsiasi licenziamento per giustificato motivo oggettivo). Questo può implicare anche uno slittamento verso il basso del livello contrattuale con riduzione dello stipendio. Il datore di lavoro è tenuto ad adottare anche ragionevoli accomodamenti all’organizzazione interna nell‘ottica della salvaguardia del posto di lavoro.
Nulla esclude che si possa licenziare il titolare della Legge 104 per una grave violazione del contratto o per un illecito disciplinare di tale rilevanza da rompere definitivamente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. Di regola i motivi disciplinari che determinano il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo sono indicati nel CCNL, ma il numero non è chiuso. Il datore ne può individuare di altri, atteso che la nozione stessa di licenziamento disciplinare deriva dalla legge e non già dal contratto collettivo. Si pensi al dipendente che svolga attività in concorrenza col datore, che presenti un falso certificato medico, che si macchi di insubordinazione o che abbandoni il posto di lavoro senza avviso o motivo.
Il portatore della 104 si può licenziare se supera i giorni di assenza per malattia indicati nel CCNL: è il cosiddetto periodo di comporto. Tuttavia, la Cassazione ha anche detto che chi presenta una disabilità deve poter usufruire di un comporto superiore rispetto a quello previsto per gli altri dipendenti. E ciò perché è soggetto a una maggiore morbilità ed è costretto a cure continue. Si pensi a chi abbia una patologia neuro degenerativa oppure di tipo oncologico. In ogni caso, molti contratti collettivi prevedono che nel calcolo del comporto non si debbano considerare i giorni per cure salvavita o quelli di Day Hospital.
Secondo la Cassazione (sent. n. 13934/2), è illegittimo il licenziamento del lavoratore caregiver se causato dallo stato di disabilità del parente. Pertanto, se l’azienda tratta in modo sfavorevole un lavoratore che assiste una persona con disabilità e ciò dipende proprio dalla condizione di disabilità del proprio familiare, si configura una violazione del divieto di discriminazione diretta. Nel caso di specie il datore non aveva dimostrato le valide ragioni per cui trasferire il caregiver, sicché questi aveva rifiutato di prendere posto presso la nuova sede impugnando il provvedimento del datore. La Suprema Corte ha chiarito che, se non vengono dimostrare le ragioni “Insormontabili” per cui è necessario trasferire il dipendente con la 104, quest’ultimo ha diritto sia a opporsi all’ordine di servizio che a rimanere nel luogo più vicino al familiare.