Un nuovo stadio da 60.000 posti a Roma, in una città che ha già uno stadio da 70,000 posti ed uno da 30,000. Intorno, verrà costruito molto di più: un villaggio commerciale, un parco, nuove strade, una nuova stazione della metro e tre grattacieli destinati ad uffici. Lo scorso 4 settembre il sindaco Ignazio Marino ha annunciato con entusiasmo che la sua Giunta ha approvato una delibera che riconosce il pubblico interesse del progetto del nuovo stadio della Roma. Tale progetto dovrebbe essere realizzato nella zona di Tor di Valle (Roma Sud) dalla società immobiliare Eurnova, e prevede investimenti privati per 319 milioni di Euro. Ma in che misura quest’opera sarà veramente utile, e quali sono invece le ripercussioni ambientali, in una metropoli che è già caotica ed inquinata oltre misura? Al di là dello scontato entusiasmo dei tifosi della Roma più accaniti, il dibattito sul progetto è molto acceso.
Tanto cemento intorno allo stadio
Il laboratorio di partecipazione civica “Carteinregola” ha pubblicato sul suo sito un lungo dossier nel quale si evidenziano tutti i rischi che comporta il progetto. Secondo Carteinregola, per la società Eurnova incaricata del progetto i costi delle infrastrutture pubbliche (strade, stazione metro, ecc.) sarebbero più alti dei ricavi previsti per lo stadio e per il villaggio commerciale circostante; tuttavia la società Eurnova avrebbe accettato di farsi carico anche della costruzione delle infrastrutture in cambio di un’ulteriore concessione edilizia, quella relativa ad un grande “Business Park” che dovrebbe sorgere nelle vicinanze dello stadio. Tale area dovrebbe comprendere alberghi, negozi, centri commerciali e anche tre grattacieli di trenta piani ciascuno, destinati ad uffici: una superficie piuttosto estesa verrebbe quindi cementificata per costruire strutture di utilità piuttosto dubbia.
Nuovi posti di lavoro: è vero?
Secondo Carteinregola, le argomentazioni di chi sostiene che il progetto favorirebbe la creazione di molti nuovi posti di lavoro sono abbastanza deboli. Prima di tutto, la Roma, andando a giocare nel nuovo stadio, abbandonerebbe l’Olimpico, e quindi i posti di lavoro che si verrebbero a creare da una parte, si perderebbero dall’altra. Stesso discorso per i centri commerciali, settore in crisi: chi andrebbe a comprare lì, non andrebbe più a comprare negli altri centri, piuttosto numerosi a Roma Sud. Anche creare nuovi spazi per gli uffici è inutile, perché la domanda di uffici a Roma è in rilevante calo, con molti spazi che rimangono invenduti o sfitti; dal 2012 al 2013, il volume di compravendita degli uffici è sceso del 5,6% (Osservatorio sul mercato immobiliare).
Le argomentazioni a favore
Oltre che la presunta creazione di nuovi posti di lavoro, una delle argomentazioni più forti che i sostenitori del progetto mettono in campo è quella della creazione di nuove infrastrutture, che migliorerebbero la percorribilità della zona sia in macchina che a piedi. Sulla sua pagina Facebook, il sindaco Marino ha pubblicato il manifesto che riportiamo qui sotto, che sottolinea 195 milioni di investimenti privati per le opere pubbliche, ed elenca queste ultime nella colonna di destra.
La migliore transitabilità della zona renderebbe anche più facile l’accesso allo stadio dei tifosi rispetto a quanto avviene adesso con lo Stadio Olimpico, circondato da quartieri densamente abitati come Prati e il Flaminio. Il presidente italo-americano della Roma James Pallotta è molto ottimista per quanto concerne le future vie d’accesso allo stadio “Avremo tutto alla portata: tangenziale, metropolitana, treni alta velocità, il fiume che può diventare un modo per raggiungere stadio e città ed in più stiamo lavorando su un parco da 50 ettari che fiancheggia il Tevere” e prevede che esso diventerà teatro di grandi successi per la squadra giallorossa.”La nostra ambizione è quella di diventare una delle migliori squadre al mondo“. Ma i sogni dei tifosi della Roma non possono diventare una scusa per cementificare indiscriminatamente il territorio e per costruire, insieme allo stadio, anche tante strutture che non servono.
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