Le misure intraprese negli ultimi anni per migliorare la qualità della vita nei diversi ambiti non sempre risultano sufficienti
La Commissione europea ha deciso il 23 gennaio 2014 l’archiviazione di due procedure d’infrazione pendenti nei confronti dell’Italia e l’apertura di tre nuove infrazioni. Le procedure d’infrazione a carico del nostro Paese si attestano così a 105, di cui 81 riguardano casi di violazione del diritto dell’Unione e 24 attengono a mancato recepimento di direttive. Tra queste la violazione delle norme Ue sui diritti dei passeggeri con disabilità (ma per la cronaca anche di chi viaggia via nave ed è indietro nel risarcire chi compra pacchetti vacanze da tour operator che poi falliscono). Come vuole la prassi – la procedura è stata avviata a inizio febbraio – l’Italia dovrà rispondere nel giro di due mesi. Ma al di là dei tempi tecnici, ciò che rammarica è la distanza siderale che vi è tra le buone intenzioni e i fatti reali. Le direttive europee – che pure ci sono e andrebbero rispettate – prevedono un trattamento paritario nei riguardi delle persone con particolari disagi, il che implica un adeguamento speciale.
Il turismo
Nel 2013 è stato presentato – a testimoniare comunque la bontà dell’impegno fin qui promosso, ma evidentemente non ancora sufficiente – Accessibile è meglio, il primo libro bianco sul “turismo per tutti in Italia” al cui interno sono presenti degli allegati contenenti informazioni utili per la qualità nell’accoglienza turistica di clienti con bisogni speciali. Non si parla esclusivamente di persone con disabilità fisiche, ma anche mentali e psichiche o alle prese con specifiche malattie. Sulla falsariga del libro bianco, già nel 2011, l’Italia ha adottato la Carta dei diritti del turista, che spaziava tra i vari ambiti in materia.
Il lavoro
Oltre alle buone intenzioni, non mancano neppure le regole nel nostro Paese. Il problema, semmai, è che non sempre si applicano. E non sempre vengono poi aggiornate, secondo le nuove direttive Ue. Una dimostrazione a tale proposito giunse nell’estate del 2013 con la condanna da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea per non aver adottato le misure necessarie per garantire un adeguato inserimento professionale delle persone con disabilità nel mondo del lavoro. L’indomani della sentenza la Federazione italiana superamento handicap diffuse alcuni dati eloquenti: in Italia lavora circa il 16% delle persone con disabilità tra i 15 e i 74 anni, contro il 49,9% del totale della popolazione. Considerando la percentuale di chi non è mai entrato nel mercato del lavoro e non cerca di entrarvi, risultano fuori dal processo produttivo circa 250 mila persone, soprattutto donne, con un’incidenza molto più elevata tra chi ha limitazioni funzionali gravi (18%) rispetto a chi ha limitazioni funzionali lievi (8%).